Struttura narrativa, Parte I: cos’è e perché è importante

Uno degli errori più comuni di chi si approccia per la prima volta alla scrittura è l’assenza di una struttura narrativa. Si tratta di una questione importantissima e non semplice né da spiegare, né da capire e interiorizzare: parliamone oggi!

Rubando la definizione a Wikipedia, possiamo dire che la struttura narrativa di un racconto o un romanzo è “l’architettura strutturale che soggiace all’ordine e al modo in cui viene presentata una narrazione a un lettore, un ascoltatore o uno spettatore”. In breve, gli eventi che occorrono nel racconto o romanzo e l’ordine in cui scegliamo di disporli in modo da trasformarli in una narrazione dotata di più livelli di lettura.

L’errore comune di cui accennavamo sopra è scrivere una storia senza prima ragionare sulla struttura, esponendo una serie di eventi che vanno dal punto A al punto B. La scrittura, però, deve essere molto più di così: è in verità un lavoro complesso e stratificato. Mettere un mattone uno sull’altro, senza seguire un progetto precedente, non servirà a costruire una casa; ugualmente, inanellare una serie di eventi privi di struttura non sarà sufficiente a scrivere un racconto o un romanzo.

Potremmo assimilare la struttura al lavoro di post-produzione del video di un matrimonio: di tutto il girato, lungo ore e ore (ovvero la storia per intero nella nostra testa) andiamo a selezionare le scene salienti e le concateniamo in una narrazione completa di colonna sonora, che sia fruibile da un pubblico al quale racconta una precisa storia. Tutto questo lavoro, nel caso della scrittura, va fatto prima, non dopo!

Si dice sempre che leggere è fondamentale per poter scrivere. Questo perché più leggiamo, più interiorizziamo le strutture narrative e siamo in grado di riapplicarle automaticamente. La maggior parte dei romanzi, infatti, si basa su strutture narrative comunissime e collaudate, le stesse che possiamo usare a nostra volta.

Gli elementi fondanti di una struttura narrativa sono universali: una situazione di partenza, che di solito viene turbata da un evento scatenante; una serie di conseguenze all’evento scatenante, che generano l’azione vera e propria; un momento di forte difficoltà in cui per i personaggi principali sembra tutto perduto; una risoluzione finale, in base alla quale si definisce anche il significato intrinseco della nostra storia.

Su questa struttura base sono state sviluppate da autori e autrici, e poi identificate dalla narratologia, una serie di strutture più complesse. Una delle più longeve e famose è il viaggio dell’eroe, su cui si basano centinaia di migliaia di film e romanzi: una situazione iniziale relativamente stabile; la chiamata all’avventura, inizialmente rifiutata dall’eroe, poi accettata grazie all’intercessione di un mentore; una serie di prove e tentazioni; l’apparente disfatta dell’eroe, che conduce tuttavia a una catarsi e una rinascita/resurrezione; la redenzione e il ritorno al contesto iniziale con nuova consapevolezza.

La nostra struttura non deve necessariamente essere questa (che è perfetta per i romanzi di genere ma può non adattarsi a una storia mainstream); ciò che conta è che la struttura ci sia e che ci ragioniamo su prima di redigere la scaletta. Se non lo facciamo, rischiamo di dover buttare via tutto il lavoro: la sintassi si corregge, ma inserire in post-produzione una struttura narrativa assente è pressoché impossibile.

Continueremo il discorso in una serie di post successivi, analizzando il concetto di storytelling e illustrando più nel dettaglio le altre strutture narrative più celebri. Seguiteci sul blog o sui nostri canali social!

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