Classici
Poco tempo fa abbiamo annunciato la nuova collana “Futuro Presente” della casa editrice Delos Digital, che verrà curata da Studio83. Selezioneremo le opere più meritevoli e adatte alla pubblicazione tra quelle pervenute: diversi autori ci hanno già sottoposto i loro testi e siamo curiose di sapere chi si aggiudicherà il ruolo di “apripista” della collana.
Abbiamo spiegato cosa intendiamo con “fantascienza sociale”:
Per la rubrica “Un classico al mese” parliamo oggi di un testo bello e importante, non a caso ripreso anche per le tracce di Italiano della Maturità 2015.
“Il sentiero dei nidi di ragno” è un romanzo breve che lessi in seconda o terza media e lasciò su di me una traccia profonda.
Vuoi per lo stile che per me era nuovo, duro, “adulto”; vuoi per la conclusione della storia in sé, che non è quella che un’undicenne si aspetterebbe.
Pur con queste caratteristiche “da grandi”, il libro mi piacque tantissimo lo stesso, perché presentava la guerra dal punto di vista di un ragazzino, come me. Mi spinse a calarmi in modo più sentito nel disagio, nel pericolo e nel dolore che i miei coetanei avevano dovuto patire.

Illustrazione, davvero intensa, di Rosita Uricchio
Ovviamente, “Il sentiero dei nidi di ragno”è un testo più che consigliato anche agli adulti. E per gli scrittori che ci leggono, una nota interessante: il testo è il romanzo di esordio di Italo Calvino.

Italo Calvino e sua figlia Giovanna, Parigi 1973
Un “esordio eccellente”; al quale abbiamo dedicato una pagina del nostro “Venti Nodi 2” , il numero di Venti Nodi tutto dedicato al mestiere dello scrittore e alle tante strade percorribili per un autore esordiente.
Vi propongo quindi la recensione de “Il sentiero dei nidi di ragno” così com’è apparsa su Venti Nodi 2, a firma Elena Di Fazio. Una panoramica interessante non solo sul romanzo ma anche sulla sua genesi, e sul suo significato come “opera prima” nel percorso di Italo Calvino, un grandissimo scrittore del Novecento. Che non chiamo “monumento” solo perché nonostante Calvino sia scomparso, la sua influenza sul nostro presente è reale, e molto più calda e viva della fredda pietra.
Durante il penultimo anno di università, frequentando gli ambienti della Einaudi grazie alla collaborazione con la rivista “Il Politecnico”, legò con Cesare Pavese, che lo spinse a rielaborare la sua esperienza partigiana in un romanzo. Fu così che nacque un’opera tuttora considerata un classico: “Il sentiero dei nidi di ragno”.
Continua a leggere: “Il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino – Recensione
Buona lettura, e buona maturità a chi la deve affrontare!
Era il 1973 quando uscì nelle sale “The Exorcist”, diretto da William Friedkin, film che ha terrorizzato diverse generazioni di spettatori. L’opera era basata su un romanzo di tre anni prima, scritto da William Peter Blatty, il quale si era sua volta ispirato liberamente alla storia di un adolescente del Maryland che, dopo aver giocato con una tavoletta Ouija, iniziò a manifestare strani comportamenti tradizionalmente associati alla possessione demoniaca.
Regan McNeil, figlia di una celebre attrice, inizia a manifestare strani sintomi e la madre viene rimbalzata tra medici e psichiatri che riempiono la bambina di medicine senza venirne a capo. Sempre più convinta che l’origine del male di Regan sia soprannaturale, e temendo che la bambina abbia commesso un omicidio, la donna supplica lo psichiatra gesuita Damien Karras di praticare un esorcismo. Per farlo, Karras deve convincere la Chiesa che Regan sia realmente posseduta: la cosa più difficile sarà però convincere se stesso, trovandosi in un momento di profonda crisi spirituale.
Continua a leggere: Recensione de “L’Esorcista” di William Peter Blatty

Considerato una delle opere in lingua spagnola più importanti mai scritte (secondo solo al Don Chisciotte), “Cent’anni di solitudine” è anche uno dei capolavori della bibliografia di Gabriel Garcìa Màrquez.
L’opera rientra nel genere del cosiddetto “realismo magico”, portando elementi immaginari, fantastici e fiabeschi in una storia realistica: caratteristica della maggior parte delle opere di Màrquez e segno distintivo del suo retaggio culturale. Gli elementi fantastici che introduce richiamano credenze e leggende quotidiane tipiche della cultura sudamericana. Non a caso, nella sua autobiografia parziale “Vivere per raccontarla”, Màrquez spiegherà come molti aneddoti inseriti in “Cent’anni di solitudine” provengano dalla sua storia familiare e personale.
Il romanzo narra le vicende, al contempo realistiche e surreali, di sei generazioni appartenenti alla famiglia Buendìa: a partire dal capostipite, Josè Arcadio, padre fondatore del villaggio di Macondo, nel quale si svolge la storia fino alla sesta generazione. Tra queste vicende si possono scorgere eventi storici della sua Colombia e molti dei luoghi citati (eccezion fatta per l’immaginaria Macondo) hanno fatto parte della storia di Màrquez. Fra i luoghi che vengono menzionati nel romanzo spicca Aracataca, vicino alla costa caraibica della Colombia, dove l’autore nacque.
Opera monumentale, nonostante Màrquez l’abbia scritta quando era ancora giovane, “Cent’anni di solitudine” tratta molti temi di portata universale: la solitudine come condizione umana e l’incapacità di evolversi, riassunta nel concetto di “eterno presente” vissuto dalla stirpe dei Buendìa (un presente immobile che solo alla fine verrà spezzato, ripristinando lo scorrere del tempo); inserisce anche richiami alla psicoanalisi e all’esoterismo e filtra attraverso il realismo magico tristi realtà vissute dalla Colombia, come i disastri ecologici provocati dalle grandi compagnie bananiere.
“Cent’anni di solitudine” non è mai stato trasposto su pellicola (operazione che, in effetti, difficilmente renderebbe il senso e la complessità del romanzo). Poche opere di Màrquez sono state portate sul grande schermo: “Cronaca di una morte annunciata” (film italo-francese dell’87 diretto da Francesco Rosi); “Nessuno scrive al colonnello”, con Salma Hayek (coproduzione tra Italia, Francia e Messico del 1999); “L’amore ai tempi del colera”, il più recente, con l’italiana Giovanna Mezzogiorno e Javier Bardem nei panni di Florentino Ariza (il film è una produzione statunitense sotto la regia di Mike Newell).
TITOLO: Cien años de soledad
TITOLO ITALIANO: Cent’anni di solitudine
AUTORE: Gabriel García Márquez
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1967
CITAZIONE: “Erano le ultime cose che rimanevano di un passato il cui annichilamento non si consumava, perché continuava ad annichilarsi indefinitivamente, consumandosi dentro di sé stesso, terminandosi in ogni minuto ma senza terminare di terminarsi mai.”

Cos’hanno in comune Wilhelmina Hemingway, Mahoney Fitzgerald o Kelly Steinbeck? Un primo indizio è che si tratta di scrittori. Il secondo indizio è che, fino a poco tempo fa, facevano tutt’altro (impiegati, ispettori, inservienti).
Gli autori dei romanzi classici che leggiamo, studiamo o facciamo leggere alle nuove generazioni hanno tutti una caratteristica in comune: sono morti. Non possiamo più intervistarli, vederli su Youtube, ma soprattutto non potremo mai più leggere nuove pubblicazioni che portano la loro firma.
O forse sì?
L’idea arriva dritta dagli Stati Uniti, fucina di progetti editoriali: se il talento letterario è innato, e gli autori classici hanno dei discendenti… perché non creare un grande team-up di pronipoti e armarli di penna, sfruttando la genetica? L’idea è meno balzana di quanto sembra ed è sostenuta appieno da un recente studio dell’University of Springfield: secondo i ricercatori, infatti, i talenti artistici non solo sono innati, ma geneticamente trasmissibili al pari di allergie o colore dei capelli. Un grande gruppo editoriale formatosi per l’occasione ha quindi sguinzagliato i suoi agenti alla ricerca di figli e nipoti ancora in vita e in grado di produrre materiale, mettendoli sotto contratto.
Da questo gruppo di reclute letterarie, a cui è stato dato il nome semi-ufficiale di “The Descendents“, verranno per prima cosa tirati fuori dei sequel, romanzi che proseguono la trama di opere celebri e autoconclusive degli illustri bisnonni.
I titoli e gli autori sono stati rivelati solo parzialmente e verranno rilasciati sul mercato in seguito a una campagna di marketing virale. Per il momento, la seguente lista dovrà essere sufficiente a solleticare la vostra curiosità:
“For whom the bell tolls II” (Per chi suona la campana II). Willie Hemingway, pronipote del celeberrimo premio Nobel e bidella in un asilo nido dell’Illinois, è stata la prima a rilasciare un’intervista negli Usa, nella quale ha parlato del suo sequel e dei temi in esso trattati.
Sull’onda del successo del film di Baz Luhrmann è stato riportato in vita anche un altro personaggio: proprio Jay Gatsby, redivivo ne “Il grande Gatsby II“, nel quale il ricco festaiolo riemerge dalla morte apparente – inscenata, come viene spiegato, alla fine del primo libro – e si lancia in un vortice di violenza e vendetta contro l’egoista Daisy; solo l’amore omosessuale per Nick Carraway placherà la sua sete di sangue. L’autore è il quarantunenne bisnipote di Francis Scott Fitgerald, Mahoney, che lavora come ispettore in una fabbrica di scatole a Austin, Texas.
L’ultimo nome (e titolo) rivelati coinvolgono Kelly Steinbeck, discendente del grande John e impiegata in un ufficio postale californiano. Il suo “Of mice and men II“, più che un sequel in senso stretto, è una trasposizione fantascientifica dell’opera originale: George e Lenny sono due alieni immigrati in una Terra povera e sconquassata dalle guerre, a caccia del loro angolo di paradiso.
La curiosità è tanta e sarà divertente vedere cosa ne verrà fuori: d’altro canto, è polemica da parte di molti aspiranti scrittori, che non trovano giusta la possibilità di pubblicare e vendere migliaia di copie solo sulla base di un cognome.
E in Italia? La notizia rimbalza fra i social network, ma ancora non è stata confermata: sembra che il maggior gruppo editoriale italiano abbia già messo le mani su un discendente d’oro, un idraulico milanese dal curioso nome di… Manzoni. Staremo a vedere: a questo link, comunque, potrete trovare la notizia nel dettaglio e un elenco di fonti ufficiali.


Era il 1890 quando Arminius Vambéry, linguista, storico e scrittore ungherese, incontrò un altro scrittore (irlandese, stavolta) e gli narrò del principe Vlad Tepes, conosciuto anche come Dracula, noto per la sua crudeltà e ferocia (che Mel Brooks descrisse meravigliosamente nella sua parodia cinematografica). L’irlandese in questione era Bram Stoker, allora poco più che quarantenne.
Stoker proveniva da Clontarf, quartiere sulla costa a nord di Dublino, dove aveva trascorso una triste infanzia scandita da malattia e continua degenza. Come abbiamo osservato negli “Esordi eccellenti” di Venti Nodi #2, si tratta di un elemento comune a moltissimi autori celebri: la malattia, la reclusione in casa compensata da molteplici letture poi messe a frutto nella scrittura.

Alcuni scrittori italiani hanno celebrato, nei loro romanzi, le città in cui sono nati e cresciuti, o in cui hanno vissuto e che hanno amato. Quali sono gli autori e i romanzi maggiormente legati alle nostre città? Ecco un gioco che ci farà riscoprire grandi classici e luoghi ricchi di storia.
1) Città tra le più più belle e visitate al mondo, Firenze è stata celebrata da innumerevoli autori, uno dei quali fu Vasco Pratolini. La Via del Corno in “Cronache di poveri amanti”, le sue “Ragazze di San Frediano”, il fermento della rivoluzione operaia in “Metello”, tutto è immerso nella città che diede i natali a Pratolini, con le sue strade, i suoi personaggi bizzarri, e la Storia che si è consumata tra i suoi palazzi e i suoi quartieri.

“Il rione di Sanfrediano è “di là d’Arno”, è quel grosso mucchio di case tra la riva sinistra del fiume…”
2) Quando si parla del connubio Milano-letteratura, uno dei primi nomi che salta alla mente è senza dubbio Giorgio Scerbanenco. Ucraino di nascita, trasferitosi da bambino a Roma e poi a Milano, ha qui ambientato – tra le altre cose – il suo celebre ciclo di Duca Lamberti, saga che ha contributo a rendere Scerbanenco uno dei più importanti autori di giallo e noir italiani. La sua è una Milano cupa, malata e violenta, dove anche gli eroi sono personaggi controversi.

“Così era dolce dormire in quell’alba di febbraio, nella dolce grande città di Milano. E continuare a dormire, insieme, anche con la nuca forata dai proiettili…”
3) Se avete passeggiato nel parco subito fuori le mura di Ferrara, probabilmente avete subito pensato a “Il giardino dei Finzi-Contini”, romanzo più famoso di Giorgio Bassani – il quale, con questa opera e altre (come le “Cinque storie ferraresi”) ha reso omaggio alla splendida città. Bassani nacque a Bologna, ma i suoi genitori erano di Ferrara ed è lì che ha trascorso infanzia e adolescenza; lì ha quindi ambientato la maggior parte delle sue opere, dove luoghi e memoria sono legati in atmosfere di incanto e amarezza.
Continuate voi? Magari anche parlando della vostra città, qualunque essa sia 🙂
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