Progettazione narrativa: ma per dire cosa?

La cultura della scrittura creativa prende gradualmente piede anche in Italia, ed è una bellissima notizia!

Sappiamo bene infatti che, diversamente da altri luoghi, come gli USA, in Italia la scrittura è ancora avvolta da una serie di pregiudizi romantici che nuocciono alla buona riuscita di questa attività.

Lo scrittore solo, chino sulla sua scrivania, che di notte a lume di candela getta sulla pagina i suoi dolori… la scrittrice silenziosa che butta fuori un romanzo in un mese, in modo spontaneo, semplice e “di pancia”…
L’ispirazione! Quella che “fermi tutti, oggi la sento!” e scrivi trenta cartelle, ma che il giorno dopo “non c’è più, non mi sento più ispirat*, saranno stati i peperoni? Ho il blocco dello scrittore!”

Fin dal nostro primo post, nel 2007, affermavamo che questo è un pregiudizio limitante da superare.

Lo scrittore, si sa, è vittima di numerose e stupide leggende da sfatare; la prima di queste lo vede come persona insicura, sensibile e sola, rinchiusa nel proprio antro a mettere su carta intime emozioni.
Chiunque abbia mai preso la penna in mano sa che non è così. Scrivere è un percorso che necessita di tecnica, intelligenza, arguzia.

Dal post: Nasce Studio83!, marzo 2007

La scrittura è un’attività metodica.
Può non diventare un mestiere per tutt*, ed essendo una attività artistica o artigianale ha certamente degli sbalzi dovuti alle nostre condizioni, oltre che ai nostri impegni e alla vita che intorno a noi procede.

Ma se vogliamo che ci porti soddisfazioni, se vogliamo scrivere felicemente e tanto, se vogliamo finire il dannato romanzo, bisogna che la scrittura sia impostata in modo razionale, come una pratica sistematica, e che le nostre storie si basino su una solida e razionale programmazione.

La programmazione è di due tipi:

  • la programmazione del lavoro, quella che noi più volte abbiamo consigliato, definendola in modo più corretto PIANIFICAZIONE. Ovvero la stesura di scalette, ma anche l’organizzazione delle sessioni di lavoro, l’impostazione di obiettivi, la misura della strada fatta, e così via.
    Di questo ho parlato diffusamente nel “Manuale di scrittura di fantascienza” (scritto per Odoya, con Franco Ricciardiello): lì abbiamo dedicato al metodo di scrittura una intera sezione del saggio, sezione che può essere utile a qualsiasi scrittura, non solo quella fantascientifica.
  • La programmazione narrativa, ovvero, entrando nel merito della nostra storia, l’abitudine a strutturarla prima della stesura, attraverso schemi, scalette, profili dei personaggi, mappe, cronologie.

La programmazione, sia del lavoro, che narrativa, è molto importante, ed è proprio la scrittura creativa, ovvero il creative writing di impostazione statunitense, che ce lo insegna: le scalette, i ragionamenti sullo stile, gli esercizi tecnici… tutti elementi molto importanti per scrivere senza bloccarsi a metà e senza trovarsi a girare a vuoto.

E non è tutto: da una lunga serie di studi narratologici, per lo più russi, possiamo imparare le basi di una buona “ricetta”. Attraverso le funzioni di Propp, ad esempio, impariamo come sono strutturati i racconti popolari, antenati di qualsiasi romanzo; e con l’analisi dei possibili personaggi (protagonista, antagonista, aiutante…) ci diamo una bella infarinatura dei ruoli possibili che possiamo assegnare ai nostri personaggi.

Tutto bene, quindi? Tutto qui?

No, naturalmente.

Gli strumenti della scrittura creativa e una dettagliata progettazione narrativa possono aiutarci molto, ma si rivelano armi a doppio taglio se non poggiano i piedi su una base ben meno codificabile, direi quasi impalpabile, e assolutamente non replicabile.

Quella base sei tu.

Quella base è la persona che sei, le aspettative che hai nei confronti del tuo romanzo, la ragione che a un certo punto ti ha portato a voler scrivere qualcosa.

Quella base è il motivo per cui stai scrivendo quella certa storia, il messaggio sottostante che riguarda TE e la cosa principale che vuoi passare con ciò che scrivi – una cosa essenziale, semplice, riassumibile in due o tre frasi al massimo, e che poi si infonde nella storia tutta, nella voce, nello stile.

Quella base è la VITA che esiste tra le tue righe.

Il significato della tua opera si lega a doppio filo con la ragione del tuo scrivere, e non è sempre così semplice da capire. A volte la conosci intuitivamente, altre volte no, e in questo caso scrivi un intero romanzo pensando di star parlando di una cosa, mentre inconsapevolmente ne comunichi un’altra ben diversa.
E il romanzo fallisce.

Come faccio a saperlo? Beh, leggo per lavoro manoscritti inediti dal 2007 (in realtà da anche prima) e ormai ho capito che è più facile lavorare su un romanzo scritto male, che magari non ha tutte le funzioni narrative e gli “ingredienti” al posto giusto, piuttosto che intervenire su una storia nella quale il nucleo di senso è sfasato, nella quale chi l’ha scritta non è riuscito a entrare in contatto con i suoi motivi, e ha così prodotto qualcosa che magari linguisticamente fila bene, che ha tutti i “pezzi” al posto giusto, ma che è spento, o incoerente, o sottilmente mentitore.

Non c’è niente di più difficile e frustrante, per me, di trovarmi tra le mani un romanzo scritto bene, ma che in sostanza non dice un bel niente, o non è niente di nuovo, o comunica qualcosa di diverso da quello che dichiara di voler comunicare.

Intervenire su un romanzo del genere è molto delicato, noi abbiamo imparato a farlo e lo facciamo spesso: la parte più ardua non è quella della correzione di righe o scene, ma è il rimettere l’autrice/l’autore in contatto con le sue vere motivazioni, riconnetterle alla verità profonda che ha generato quella storia. E ripartire da lì.

Per questa ragione, il nostro consiglio di oggi è quello di prestare molta attenzione a te, a “guardarti bene allo specchio”: prima della scrittura, durante, e dopo, in fase di revisione.

Non pensare che “tanto c’è la progettazione narrativa” che ti aiuta a rismontare tutto e a rimetterlo in piedi facilmente, come se avessi a che fare con un motorino. Non adagiarti acriticamente sulle regole di scrittura o sulle istruzioni di progettazione.

Non perché esse non servano, lungi da me affermarlo, sono molto importanti!
Ed è molto bello che finalmente anche in Italia se ne parli e le si insegni!

Ma le regole sono successive a una consapevolezza personale che non ha decaloghi, né liste, né leggi preordinate, ed è assolutamente necessaria per scrivere una storia che non sia solo bella, ma sia anche vera (anche se parla di pony viola e astronavi) e che sia propriamente TUA.

Ci sono modi per arrivarci e per maturae questa consapevolezza. Modi che ancora non insegna nessuno… tranne noi 😉 Per scoprirli, lavoriamo insieme sul tuo testo: scrivici!