Consigli per la sitografia, e un errore da evitare assolutamente
In questo nuovo post delle nostre #tips, i consigli pratici di scrittura, ci occupiamo di un argomento “collaterale” rispetto alla scrittura vera e propria, ovvero di come compilare nel modo giusto un paratesto molto importante: la sitografia!
Scopriamo insieme cos’è una sitografia, come si redige e che funzione ha, e un errore abbastanza sciocco e molto comune, che si può evitare a tutto vantaggio del proprio scritto!
Prima di partire, ti ricordo che qui da Studio83 hai a disposizione due editor professioniste: dal 2007 lavoriamo accanto a chi scrive, per rendere i testi belli, puliti e inattaccabili. Non solo romanzi, ma anche saggi, testi tecnici e tesi di laurea.
Se stai lavorando a un saggio, il nostro editing stilistico è il servizio che fa per te, perché rende il tuo scritto chiaro ed efficace e ti aiuta a svolgerne tutti i punti potenzialmente oscuri, all’insegna della massima comprensibilità e divulgazione.
E se devi presentare la tesi, l’editing stilistico la rende elegante, piacevole da leggere, priva di errori logici e linguistici e pronta per essere pubblicata in qualsiasi collana editoriale, universitaria o professionale.
Andiamo ora ad approfondire l’argomento della sitografia: di base, non è difficile da realizzare, ma ha bisogno di cura, attenzione e precisione.
Che cos’è una sitografia?
La sitografia è l’elenco ragionato e ben redatto delle pagine web citate in uno scritto.
Proprio come la bibliografia, l’elenco dei libri citati, la sitografia è un paratesto, ovvero fa parte di quell’insieme di apparati testuali e non (prefazione, indice, postfazione, ma anche copertina, bandella, etc.) che accompagnano e completano il testo principale.
E non solo: aiutano chi legge a recepirlo nel modo proposto dall’editore o dal curatore, e ad approfondirne gli argomenti in autonomia.
A che cosa serve una sitografia?
La sitografia e la bibliografia permettono di verificare i testi citati e di farsi un’idea del contesto culturale nel quale l’autore/autrice ha lavorato.
Ad esempio, se in un saggio botanico ci sono solo testi scientifici di un certo tipo, sapremo qual è l’impostazione tecnica della trattazione.
Oppure, se in un testo storico ci sono solo titoli afferenti a una certa area ideologica, potremo capire qual è l’orizzonte politico di chi scrive.
E naturalmente, la bibliografia e la sitografia di una tesi di laurea sono cruciali per chi deve giudicarla, per capire quanto lo/la studente ha approfondito, e con quale percorso di studio.
Un buon apparato bibliografico e sitografico ci permette di fruire dei testi in modo più informato, quindi di apprezzarne il contributo, particolare e magari anche parziale, in modo trasparente e consapevole.
Secondo ma non secondario, la consultazione della sitografia e della bibliografia ci permette di intraprendere un percorso di approfondimento personale che, a partire dai testi e dai siti citati, possiamo poi costruire a modo nostro, in autonomia e con curiosità.
Come forse si è capito, io sono una grande amante e consultatrice compulsiva di sitografie e bibliografie!
Se gli indici sono la mappa interna del testo, bibliografia e sitografia sono carte topografiche del contesto intorno, del mondo più vasto che esiste “fuori” dal testo, e della particolare strada seguita dall’autrice o autore o studente.
Come si scrive una sitografia
Essendo un paratesto così importante per la completezza e la correttezza di un testo, specialmente in ambito scientifico o universitario, la sitografia va scritta nel modo giusto, proprio come la bibliografia: senza approssimazione, e con una serie di buone norme che ne facilitino la consultazione e ne garantiscano la serietà.
La sitografia può sembrare più semplice della bibliografia, dove vanno inseriti molti dati: oltre a nome autore – titolo libro – editore, nella bibliografia è molto importante l’anno di edizione, il luogo, i curatori eventuali, e magari anche le esatte pagine citate nel testo. Per la sitografia non servono sempre tutte queste informazioni, quindi come “volume” e cose da ricordare appare più semplice.
Questo non significa che si possa scrivere a caso, come viene viene!
Un sito o pagina web è per natura più aleatorio e meno durevole di un testo stampato, quindi la citazione necessita di altri tipi di informazioni, che sono necessari per l’attendibilità della sitografia.
Consigli per stendere una sitografia
1. Coerenza e uniformità
Un principio molto importante per scrivere una sitografia è quello di sempre: uniformità e coerenza!
Se una regola non è esplicitamente codificata, la si può scegliere a propria preferenza, ma poi va seguita in modo rigido e senza approssimazioni.
Variare una regola in modo disordinato restituisce una sensazione di confusione e poca cura, che intacca anche l’autorevolezza autoriale.
Un po’ come se, per i dialoghi in un romanzo, una volta si usino le virgolette, un’altra il trattino e in altre pagine a caso delle virgolette ancora diverse.
Quindi, attenzione: coerenza e uniformità!
2. Precisione e attenzione ai dettagli
La seconda raccomandazione, in continuità con la prima, è di avere la massima cura dei dettagli e precisione nelle grafie. Vale per i titoli, ma anche per le virgole!
Una volta scelta la regola da seguire, tienila sott’occhio e seguila finanche nella punteggiatura. Come nella bibliografia non si può mettere “opera citata” e “op. cit.” a casaccio, così nella sitografia ogni formula deve essere seguita con precisione.
Una strategia che ti consiglio è quella dello specchietto: scrivi una prima voce a mo’ di esempio e tienila sempre a portata di occhi, su un foglio stampato accanto alla tastiera del PC. Per ogni dubbio ti basterà una rapida scorsa, in modo più comodo rispetto al ritrovare un file sullo schermo.
Questo consiglio vale a maggior ragione perché le voci di una sitografia non sono tutte uguali.
3. Tipi diversi di sitografia / voce sitografica
Allo stesso modo in cui è diverso riportare un volume librario, rispetto a un articolo di rivista o a una voce enciclopedica, bisogna capire e differenziare le diverse fonti sitografiche, per poterle riportare in modo coerente e specifico, a seconda della tipologia.
Le pagine web possono essere di diverse tipologie.
1. Ci sono articoli su portali universitari, che presentano caratteristiche simili a quelli da inserire in una bibliografia. Avranno quindi, oltre alla URL (ovvero l’indirizzo che inizia per http o https), i nomi degli autori, la data di pubblicazione riportata chiaramente, magari il numero della rivista, il suo editore, e la possibilità di riportare le pagine esatte consultate.
In questo caso la data di ultima consultazione non appare indispensabile, ma il mio consiglio è quello di riportarla comunque, non costa nulla e ci ricorda che una sitografia non è una bibliografia e abbiamo a che fare con un supporto diverso.
Come insegnava il massmediologo Marshall McLuhan, il mezzo è il messaggio, la modalità di una comunicazione influisce anche sul suo contenuto. Una pagina web non è un foglio di carta e necessita dunque di una considerazione diversa – né maggiore, né minore: diversa.
Indicare sempre la data di ultima consultazione dimostra a chi legge che abbiamo chiara questa distinzione e la vogliamo rispettare ed esplicitare.
2. Ci sono poi articoli su blog: sono meno “codificati”, ma comunque con una serie di elementi da riportare: la URL, il nome dell’autore (spesso non riportato online, ma magari è l’admin del blog, oppure un nick di qualche collaboratore).
Qui la data di pubblicazione è indispensabile, come quella di ultima consultazione. Torno presto su quest’ultimo aspetto.
3. Ci sono infine contenuti ancora meno strutturati, come possono esserlo voci di una enciclopedia online, magari senza autore e senza titolo di testata, ma con una URL sempre univoca e con la data di ultima consultazione a suggellarne la “posizione” anche nel tempo.
…e poiché il web è una fucina di contenuti, le sorprese non finiscono mai: perché escludere un thread di un vecchio forum, se ti è stato utile? O un commento sotto un post di un blog?
Essendo tantissime le possibili occorrenze, la cosa importante da fare è darsi un metodo.
4. Darsi un metodo
Una strategia razionale per scrivere una bella sitografia senza impazzire può essere questa:
- raccogli tutte le fonti che hai usato
- categorizzale con cura a seconda del tipo
- elabora, sulla base di uno schema rodato (online ce ne sono molti), la struttura di ogni diversa tipologia di voce
- stendine una intera, per ogni tipo, a mo’ di esempio
- stampa uno specchietto con tutti gli esempi e tienilo sott’occhio, sia mentre lavori che mentre ricorreggi.
5. Nota bene: la data di ultima consultazione
Come già detto, un sito è più aleatorio di un testo a stampa, e non solo perché “immateriale”, e soggetto a chiusura da un giorno all’altro. (Basta che il proprietario del sito non paghi lo spazio, e addio! Un volume stampato invece sopravvive secoli alla chiusura del proprio editore… )
Una pagina web risulta meno stabile di un libro anche perché la si può modificare facilmente, senza bisogno di “nuove edizioni” e nemmeno di avvisi.
Un caso celebre è quello di Wikipedia, che al netto dell’indiscutibile servizio pubblico offerto alla collettività, presenta strani casi di modifiche a pagine di fatti storici, in concomitanza con occorrenze particolari; e persino interventi puramente ideologici, che vanno a cambiare alle volte il senso stesso di ciò che si vuole divulgare.
In quel tale giorno, quel terribile fatto di sangue si chiamava “strage di Odessa” e riportava la storia della mattanza perpetrata da ucraini nazionalisti ai danni di civili e sindacalisti di ascendenze e simpatie russe. Ma se vado a cercare ora, troverò un ben più distaccato “incendio della casa dei sindacati di Odessa”, con una modifica “attenuante” in chiave anti russa.
Molto importante quindi è riportare sempre la data dell’ultima visita alla pagina in questione, in modo da dare a chi leggerà una precisa prospettiva di tempo, e la possibilità di non cadere nella confusione, in caso di pagine modificate.
Nel vastissimo Internet Archive esiste una sezione chiamata “Wayback Machine”, che permette la consultazione e persino il salvataggio di una certa pagina web in un certo momento. Non può contenere tutto l’internet di ogni tempo (sarebbe una sorta di assaggio della biblioteca di Babele di borgesiana memoria…) ma può essere di sostegno a una ricerca indipendente.
Esempi di sitografia
Ecco un esempio di voce sitografica con ultima data di consultazione, presa dal saggio “Fantascienza, un genere (femminile)” di Laura Coci, del quale ho avuto il piacere di curare la correzione di bozze, e che ha vinto il Premio Italia come miglior saggio del 2023.
Filippo Radogna, Elena Di Fazio… Resurrezione e il Premio Urania, in La zona morta, [2021], in: http://www.lazonamorta.it/lazonamorta2/?p=64228 (ultimo accesso 17 aprile 2023).
Ripeto la raccomandazione sull’uniformità: se scrivi alla prima voce “ultimo accesso 05/11/24”, poi abbi cura di mantenere in questo esatto modo tutto il resto delle voci. Quindi ad esempio mantieni uguale il formato delle date, in questo caso “gg/mm/aa”.
Se, invece che “ultimo accesso”, preferisci, che so, “aggiornato al” oppure “consultato il” va benissimo, ma la scelta sia una, e sempre e solo quella nella sitografia in questione.
Ricorda anche l’importanza della strategia: meglio investire un po’ più di tempo all’inizio, per impostare metodo e grafie. Ne risparmierai tantissimo man mano che procedi, ed eviterai nervosismo, fatica e intoppi fastidiosi.
Per tutto il resto… c’è Studio83! All’editing stilistico puoi abbinare una correzione bozze, anche parziale su sezioni particolarmente ostiche come bibliografia e sitografia, per la massima tranquillità e una resa a prova di commissione di laurea!
Un errore troppo comune: evitiamolo!
Anche in sitografie ricche e perfette, mi capita troppo spesso di imbattermi in un errore facilmente evitabile. Un errore che è legato alla mancata comprensione di che cosa è una URL e che quindi salta agli occhi di chi ne ha chiara la struttura e il linguaggio.
“URL” è la sigla che sta per Uniform Resource Locator, “localizzatore uniforme di risorse”.
La URL è l’indirizzo della pagina web: è composta da una serie di caratteri, che sono caratteri alfabetici, numeri e segni, che identificano in modo univoco la risorsa web.
La risorsa può essere una pagina, ma anche un’immagine o un video o un pdf scaricabile. Qualsiasi contenuto online ha una URL univoca. In questo caso ci interessano le pagine web che contengono articoli o contenuti da noi citati nel testo.
Una URL classica si apre sempre con il protocollo, che nel caso del web normale è < http >, oppure < https >, seguito dai due punti < : > e da due slash < // >.
Dopo le slash (che scandiscono le diverse parti della struttura del codice) può esserci la sequenza < www > ovvero “world wide web”, che un tempo identificava tutte le pagine. Oggi la sigla è in disuso, e spesso al suo posto c’è subito il nome del sito o della pagina.
Dopo il nome vero e proprio, c’è l’estensione di dominio: < .it > oppure < .org > o < .com > sono i domini più usati, ma ce ne sono di moltissimi tipi.
Nel caso di Studio83, l’estensione è < .info >.
Dopo il dominio, c’è il codice che identifica quella specifica pagina all’interno del sito, ovvero il nome o numero della pagina o titolo del contenuto.
Questo codice può essere stabilito dal webmaster o dal sistema, oppure è una sequenza alfanumerica di qualsiasi tipo, a seconda dei casi e della scelta degli amministratori.
A volte, dopo il titolo della pagina c’è un’ultima sequenza, che può essere per le pagine web < .htm > o < .html > o per una immagine, < .jpg > o < .png > o nel caso di un file scaricabile < .pdf >, e indicano, come avrai capito, il formato della risorsa.
(Oggi molte pagine web non lo riportano più e terminano con il titolo.)
Andiamo a scomporre la URL di questa pagina che stai leggendo, come esempio.
Consigli per la sitografia, e un errore da evitare assolutamente
Come vedi, abbiamo prima il protocollo <https >, poi il nome del sito con l’estensione di dominio: <studio83.info >.
Per nostra scelta tecnica, le URL dei nostri articoli riportano come prima cosa l’indicazione di data, con anno e mese di pubblicazione: < 2024/11 >.
Infine, c’è il titolo dell’articolo: < consigli-per-la-sitografia-e-un-errore-da-evitare-assolutamente >. Ricordiamo che le URL non possono avere spazi, in questo caso il trattino meno < – > li sostituisce in automatico.
Fin qui ci siamo. Ma c’è un ma, e spesso si cade nell’errore.
Capita infatti che le URL ci appaiano molto più lunghe di così: dopo il codice strutturato, segue una serie di caratteri a caso, righe e righe di codice illeggibile che non si sa cosa sia.
Questo accade perché molti siti e piattaforme (come i social, ma anche le newsletter) nel momento in cui puntano a un link aggiungono alla URL dei lunghi frammenti di codice specifico, che servono per comunicare a Google Analytics e ad altri servizi di tracciamento il percorso che è stato fatto per arrivare a quella pagina, e in sostanza che se hai aperto quel link è merito loro.
Ti faccio un esempio con una URL di un articolo di Studio83, che ho aperto apposta tramite facebook:
Fiera del libro, non del manoscritto!
Dopo aver compreso la struttura di un link, risulta chiaro che ciò che segue l’ultima slash dopo “manoscritto” è un pataffio totalmente inutile, oltre che inguardabile.
La URL effettiva è questa:
https://studio83.info/2024/05/fiera-del-libro-non-del-manoscritto/
La parte di codice-pataffio parte dal < ? > compreso, in poi:
?fbclid=IwY2xjawGYKOBleHRuA2FlbQIxMAABHb5GdqMeJ5yDjrQ2SmJ1uTa6aBlBeeWm2eR577F4amiRipIXlAhOm3aK-w_aem_8-gJPvIUZ629oXIHzCwsYw
La stringa di codice del tracciamento va assolutamente eliminata al momento di riportare il nostro link nella sitografia.
Eppure, non hai idea di quante URL siano riportate in modo errato nelle sitografie e nelle note!
URL in cui, dopo il corretto indirizzo della pagina, seguono orrende sbrodolate che rendono difficile la lettura e scoraggiano la consultazione della pagina, perché inducono a pensare che sia necessario digitare l’intero pataffio. E questo senza che né l’autore, né il revisore del testo si siano fatti una domanda.
Evitare un errore tanto maldestro aiuta chi legge e dimostra la comprensione della struttura di una URL, quindi la tua totale padronanza su ciò che scrivi, anche quando è un codice.
Presta quindi attenzione a questo segno < ? >, che in una URL può indicare l’inizio del codice “facoltativo”, quello che aggiunge informazioni di percorso e di indirizzamento che sono inutili e d’intralcio nella citazione.
Non è sempre così, attenzione: dipende infatti dalla struttura scelta per ogni sito.
Riprendiamo ad esempio la voce sopra citata:
http://www.lazonamorta.it/lazonamorta2/?p=64228
Qui, il < ? > è invece parte integrante della URL insieme a ciò che segue: < p=64228 > che indica il “numero di pagina” della risorsa in questione.
Il sito è cioè organizzato con le pagine numerate in modo sequenziale, e la pagina web “64228”, che contiene l’articolo citato, è contenuta nella cartella di sistema “lazonamorta2” che a sua volta è contenuta nella directory (cartella) principale del sito.
Come puoi vedere, si tratta comunque di una stringa breve, ben diversa da quelle di tracciamento e con un linguaggio che le identifica.
Un ultimo consiglio è quindi d’obbligo: prima di riportare il link “ripulito” nella tua sitografia, fai la prova.
Verifica sempre la correttezza dei link
- Copia la URL nel blocco note del tuo PC
- elimina le stringhe di codice che ti sembrano di troppo, e che seguono il < ? >
- copia e reincolla l’indirizzo “ripulito” nella barra degli indirizzi del tuo browser
- verifica che la pagina si apra correttamente.
A volte (molto raramente) il codice illeggibile si rivela comunque necessario per l’apertura della pagina. Quindi il consiglio è quello di prendersi un po’ di tempo in più per guardare i link che stiamo riportando, verificare se siano corretti e se non si possano ripulire da eventuale “codice pataffio” e regolarsi di conseguenza.
In questo modo, saremo in grado di offrire a chi ci legge una sitografia totalmente perfetta, che unisca la correttezza della citazione con la pulizia e la precisione del nome giusto.
Buon lavoro!