Intervista a Kurt Vonnegut
L’11 aprile 2007, moriva Kurt Vonnegut, scrittore americano la cui opera è nota “per una originale mescolanza di elementi fantastici, satira politica, sociale e di costume, humor nero ed espressione di valori umanisti.”*
Si sa, le definizioni sono rapide a darsi e piuttosto aleatorie, specialmente se confezionate a posteriori e in assenza dei diretti interessati. Per cui, come facemmo qualche tempo fa con Philip K.Dick, abbiamo deciso di far parlare direttamente lui, Kurt Vonnegut, in un’intervista esclusiva.
Sono riuscita a incontrare Kurt Vonnegut grazie alla preziosa collaborazione dell dottor Welby, insigne luminare che mi ha assistita in un’esperienza di quasi morte.
Ed ecco quello che è accaduto, e quello che mi ha detto Kurt Vonnegut, quando l’ho incontrato.
Dalla vostra inviata dall’aldilà:
Buongiorno, Mr, Vonnegut. Come se la passa? Lei è morto.
Così va la vita.
Giusto. Parlando di vita: lei è stato uno scrittore e artista molto apprezzato. A posteriori, vuole dare lei una definizione di sé e della sua arte?
Sono un umanista, il che significa, in parte, che ho cercato di comportarmi decorosamente senza pretendere, dopo che sarò morto, né ricompense né castighi.
Se non mi sbaglio, quando era in vita ha anche fatto parte dell’associazione omonima: la AHA, American Humanist Association.
Avevo preso il posto del defunto dottor Isaac Asimov, grande scrittore e scienziato di spettacolosa prolificità, in questa carica sostanzialmente inutile. Durante una commemorazione del mio predecessore, dichiarai: “Isaac adesso è in paradiso.” Era la cosa più ridicola che avrei potuto dire a un pubblico di umanisti, e infatti la mia frase li fece ridere a crepapelle. Che ilarità!
E riguardo alla fantascienza? Lei è stato più volte definito scrittore di fantascienza, si riconosce in questa definizione?
Sono diventato un cosiddetto scrittore di fantascienza quando qualcuno ha stabilito che ero uno scrittore di fantascienza. Non ci tenevo affatto ad essere etichettato in quel modo, e mi chiedevo cosa avevo fatto di male per non vedermi riconosciuto come uno scrittore serio. Alla fine ho deciso che la mia colpa era quella di parlare di tecnologia nei miei libri, mentre la stragrande maggioranza dei migliori scrittori americani di tecnologia non sa un bel niente.
Pensa che, nonostante tutto, la fantascienza abbia qualcosa da insegnarci?
Smettete di pensare che i vostri nipoti saranno OK – per quanto distruttivi e spreconi possiate essere voi – perché potranno andare su un bel pianeta nuovo con una nave spaziale. Questo è veramente meschino e stupido.
Ok. E allora cosa dovremmo fare?
Gli uomini sono animali fatti per danzare. Quant’ bello alzarsi, uscire di casa e fare qualcosa. Siamo qui sulla Terra per andare in giro a cazzeggiare, Non credete a chi vi dice altrimenti.
Siamo? Ma lei è morto.
Spero che voi direte: “Adesso Kurt è lassù in cielo.” È la mia battuta preferita.
Divertente. Ma parliamo ancora di lei e delle sue opere. Ricorda il suo primo manoscritto?
Ecco la trama. Una creatura di nome Zog arriva sulla terra su un disco volante per spiegare come evitare le guerre e curare il cancro. Porta queste sue informazioni da Margo, un pianeta i cui abitanti conversano tra loro emettendo scoregge e ballando il tip-tap.
Zog sbarca di notte nel Connecticut.Ha appena messo piede a terra che vede una casa in fiamme. Vi si precipita dentro, scoreggiando e ballando il tip-tap, per avvertire gli abitanti del terribile pericolo che corrono. Il padrone di casa gli spacca la testa con una mazza da golf.
E come andò? Che fortuna ebbe questo suo primo tentativo da esordiente?
Destini peggiori della morte.
Se lo dice lei deve essere vero. Ma come incoraggerebbe un artista alle prime armi?
Praticare un’arte, non importa a quale livello, è un modo per far crescere la propria anima, accidenti! Cantate sotto la doccia. Ballate ascoltando la radio. Raccontate storie. Scrivete una poesia a un amico, anche se non vi verrà una bella poesia. Voi scrivetela meglio che potete. Ne avrete una ricompensa enorme. Avrete creato qualcosa.
Concordo. È così bello parlare con lei e ho ancora tante cose da chiederle.
Varcare le porte del Paradiso, per allettante che sia l’intervistato dall’altra parte, significa, come io stesso ho scoperto a mie spese, che l’irascibile San Pietro, in un accesso di malumore, possa non lasciarti mai più uscire. Pensa come sarebbero affranti i tuoi amici e i tuoi familiari se, varcando le porte del Paradiso per parlare, diciamo, con Napoleone, in pratica ti suicidassi.
Significa che dobbiamo salutarci? Ci dia un ultimo messaggio!
Auguro a ognuno una vita lunga e felice, checché gli possa capitare dopo. Usate le creme antisolari! Non fumate sigarette.
Ting-a-ling, mr. Vonnegut!