Una parentesi sull’editoria a pagamento
Negli ultimi tempi si è parlato, anche in questa sede, di case editrici a pagamento, della loro politica, del ruolo in un mercato editoriale ingolfato.
Secondo me l’editoria a pagamento non è di per sé un male: è “esplosa” con la nascita del print-on-demand, come editoria “di servizio”, che permettesse di stampare volumi in bassa tiratura con costi contenuti e qualità, se non da offset, comunque più che amatoriale.
Può accadere che si abbia bisogno di realizzare libretti, opuscoli, o che si voglia stampare opere con un bacino di utenza già determinato al di fuori della libreria: poesie da regalare, il romanzo da proporre agli editori con l’equivalente di un “demo”, e così via.
Può essere un mezzo molto vantaggioso.
Una casa editrice a pagamento è un’azienda, proprio come una casa editrice tout court: la differenza statutaria è la diversa distribuzione del rischio e il diverso target a cui riferirsi. La prima guadagna su chi scrive, la seconda su chi legge.
Io per prima mi sono opposta con forza a certe operazioni editoriali di dubbio valore, ai cataloghi con novecento nuove uscite l’anno pagate dagli autori, alla mancanza di selezione e di un coerente discorso culturale sottostante alcuni testi.
Però ripeto: questo tipo di difetti esistono da entrambe le parti, e come me la sono presa con stampatori indiscriminati, così non mi sento di elogiare Feltrinelli che stampa anche la lista della spesa di Benni solo perché non lo fa pagare.
un’opera stampata senza contributo da parte dell’autore e con un editing scrupoloso che ne ha migliorato di molto la forma
Si fa presto a dare la colpa della crisi del libro all’editoria a pagamento, come fanno alcuni piccoli editori, specialmente se il problema principale è la crisi dei propri libri, che non si vendono per mille motivi sicuramente diversi dall’astuzia di alcune aziende.
Sì, perché di astuzia si tratta: qualsiasi autore con un po’ di attenzione si renderà conto della natura più commerciale che culturale di alcune proposte di pubblicazione a patto che abbia motivi più validi della propria vanità per pubblicare.
Ad esempio la volontà di diffondere i propri lavori, o di affidarsi a qualcuno di più competente di un semplice tipografo: ci sono case editrici a pagamento che lavorano sui testi!
Il discorso cambia quando un autore pensa che una proposta editoriale a pagamento sia una prova del proprio valore letterario, e che il proprio nome su una copertina sia la prova di essere uno scrittore.
Non dimentichiamo che il mondo è pieno anche di cattivi scrittori, e il giudizio non spetta a chi stampa, né a chi scrive, ma a chi legge.
Per questo motivo noi di Studio83 abbiamo redatto il regolamento di “Esordiamo!” considerando come opera d’esordio la prima opera pubblicata in assoluto, anche con un editore a pagamento.
A prescindere dalla qualità della casa editrice a cui ci si rivolge, quando uno scrittore investe su se stesso e decide che è arrivato il momento che la propria opera sia pubblicata (e abbia un ISBN!), quell’opera diventa passibile di un giudizio e di una critica letteraria seria e circostanziata.
Concludo con un appello agli scrittori: se volete pubblicare dando un contributo, non badate troppo a chi vi accusa di lesa cultura.
Il mondo editoriale tradizionale è talmente chiuso che provare a emergere in altri modi, magari autopromuovendosi, è lecito e anche giusto.
Però mi raccomando: prima di decidere di “fare outing” affidatevi a un giudizio un po’ più competente di quello di vostro cuggino (magari il nostro ^^… ma va bene anche frequentare un corso, o affidarsi alla lettura incrociata, o pubblicare su un blog, l’importante è che cerchiate la CRITICA, il giudizio NEGATIVO, per crescere!) e fate bene attenzione alla casa editrice che scegliete, al contratto che vi propone, fate tutti i controlli necessari prima di sborsare i soldi.
non vi pare un po’ sospetto come editore?
E una volta stampato il libro, per dirvi scrittori a pieno titolo dovete affrontare la prova del fuoco, il cerbero incazzato, la zia invidiosa, l’idra di Lerna che non aspetta che di farvi a pezzi: il critico letterario! >:-D
…In bocca al lupo!!!