Vanity net, easy press
Sul sito de “Il Giornale”: “Facebook, dove gli scrittori perdono la faccia“.
Ci sono arrivata su segnalazione di Booksblog, l’autore è Gian Paolo Serino, che è anche fondatore di Satisfiction, “la prima rivista di critica letteraria che rimborsa i libri consigliati”. Vabeh… però la rivista è interessante ed è anche free press, che non guasta.
Nell’articolo sul faccialibro, Serino ironizza sul presenzialismo degli scrittori che si autopromuovono nel web 2.0. Aggiungono amici a raffica per poi sfruttare i contatti a fini di marketing. Si linkano e blurbano* a vicenda. Perorano cause da “corsari moderni”. Mettono frasi strane nel profilo. Pubblicano foto con altra ggente famosa e tra i libri preferiti di tutto un po’. Eh, questi scrittori narcisi!
Ora, però, vorrei fare una domanda a Serino: premesso che il suo è un articolo divertente che si legge con piacere, ha una vaga idea di cosa sia Facebook? Più in generale conosce l’inferno dei social network? Mai cliccato Myspace con il suo carico di morte e distruzione?
I comportamenti narcisi elencati esistono eccome, ma non sono appannaggio di scribacchini infoiati. Su Facebook fanno TUTTI così: sono tutti ansiosi di perdere la faccia. Gli scrittori sono solo una parte dei vanesi del 2.0 in questa Italia che, ce lo ricordava Flaiano, è “un paese di santi, poeti, nipoti e cognati”. Ma mi sa che tutto il mondo è paese.
Prendiamo un esempio a caso: me. Nel profilo del faccialibro espongo consiglisugli attacchi zombie; dichiaro di fare parte della religione di pio kenobi; come immagine ho una foto che mi sono scattata da sola, tanto per non farci mancare nulla. Presa nel vortice degli ex amici delle medie/elementari/vita pre-vita che millantano lavori strapagati alla NASA e organizzano cene amarcord, non oso pensare a cosa potrebbe succedermi se fossi in odore di fama (non avverrà mai ma fatemici credere): quando la gente inizia a metterti come amico dell’amico e tu devi accettare se no si offende e non vendi il libro; quando non puoi più, pena la figura da insensibile, eliminare richieste di adesione alla causa strappalacrime dei bambini svervegi; quando cominci a credere sul serio che al mondo interessi sapere tutte le cazzate che ti passano per la testa.
Potrebbe persino capitarmi di avere Flavio Briatore tra gli amici, come succede a un certo Gian Paolo Serino… sarà mica lo stesso? Ma se sta su Facebook pure lui, mi suona strano che finga di ignorare come funzioni, che spinga sullo stupore per le innocue scempiaggini del network, e ce le proponga pure come chicche da scoop. Certo, citare un po’ di stranezze “fa colore” e si fa leggere. Un critico letteraro però dovrebbe considerare che sparare sul narcisismo degli artisti è facile, ma che quando è una società intera a guardarsi allo specchio, forse è il caso di andare oltre.
“Ma il vero motore di Facebook sono gli aspiranti scrittori: dal celebre chirurgo plastico che propone i suoi libri di filosofia applicata all’estetica alle veline della scrittura, ventenni che ti mandano le foto sul letto prima di inviarti i loro scritti, agli scrittori dell’angoscia, sempre pronti a rifilarti il loro capolavoro mistery o la loro creazione fantasy. Stiliti del posto fisso, sempre collegati a Facebook, che se lavorassero, invece di stare sempre davanti al computer, davvero l’Italia andrebbe meglio. Perché il dramma di Facebook, scrittori compresi, è che sabato e domenica si spopola, non c’è quasi nessuno. Chiusi gli uffici non rimangono nemmeno le tracce d’inchiostro.”
…e si stava meglio quando si stava eccetera, vero? Caro Serino, complimenti per l’ironia e la vena dissacrante: la prossima volta dicci anche qualcosa di nuovo e vedrai, l’articolo che ne verrà fuori sarà da applauso.
*Niente paura, “blurb” è solo la versione 2.0 di “marchetta”. Ne parliamo domani…