Focus on: la figura dell’editor
Ci sono state recenti polemiche e discussioni che ci hanno portato a una riflessione su alcune vittime della nuova editoria italiana. Per “vittime” non intendiamo persone fisiche, ma figure professionali e politiche editoriali che hanno da sempre avuto un ruolo fondamentale in questo settore, al punto da esserne elementi caratterizzanti.
In particolare abbiamo notato una massiccia distorsione, quando non soppressione, di una figura professionale storica: l’editor.
Prima che qualcuno salti su accusandoci di conflitto di interessi, vorrei chiarire che non mi riferisco agli “autonomi” come noi, ma proprio all’editor che lavora in seno a una casa editrice.
Sembra che oggi il lavoro dell’editor non sia più prioritario, almeno in alcune curiose realtà editoriali: abbiamo notato però che, spesso, si cerca di far passare questa situazione non solo come regola, ma addirittura come consolidata tradizione.
Quello che vorremmo fare oggi, quindi, è un po’ di chiarezza sull’argomento.
Che cos’è l’editor? Inizio copiando e incollando parte della definizione che ne dà Wikipedia (usando la versione italiana del termine, ovvero “curatore editoriale”):
[…] in generale il compito del curatore è anzitutto mantenere i rapporti con l’autore per conto della casa editrice, assicurandosi che il materiale ricevuto sia conforme alle aspettative dell’editore, verificare e correggere i testi (non in termini di refusi, poiché questo compito spetta al correttore di bozze) ed evidenziare carenze o aggiustamenti, che saranno richiesti all’autore affinché il libro assuma la forma finale per la pubblicazione, nel rispetto degli standard contenutistici e formali stabiliti per la collana nella quale la pubblicazione sarà inserita.
Analizziamo alcuni elementi di questa definizione: innanzitutto, la distinzione tra “editor” e “correttore di bozze”, che oggigiorno mi sembra parecchio confusa. Gli errori di grammatica, i refusi, la punteggiatura e via dicendo, la cui correzione viene spesso associata all’editor, sono invece il lavoro del correttore di bozze. Tutto ciò che è sfuggito all’autore durante le sue doverose revisioni del manoscritto, inclusa l’impaginazione (qui il discorso sarebbe più ampio, perché riguarda anche le specifiche regole redazionali di una casa editrice), viene segnalato dal correttore di bozze.
Cito da un interessante articolo esplicativo apparso su Bottega Editoriale (e di cui vi consiglio di leggere il testo integrale):
Nella fase di correzione su carta gli errori da correggere sono segnati utilizzando una serie di segni e artifici grafici che si basano su un codice consolidato di modo che, quando il testo passerà nelle mani del grafico impaginatore, che materialmente trasformerà le correzioni a penna in nuovo testo digitale e poi cartaceo, non vi saranno difficoltà nella comprensione delle modifiche precedentemente apportate dal redattore.
Perciò, non solo non è l’editor che rende un manoscritto pubblicabile in senso stretto, ma non può essere neppure l’autore, trattandosi di un’operazione che richiede particolari know how professionali.
Abbiamo chiarito cosa non è l’editor: ci resta da chiarire cosa è.
Un libro non nasce mai tale. Il percorso inizia dal manoscritto, il cui artefice è l’autore, che opera autonomamente o in base a precedenti accordi. Il mestiere dell’autore riguarda dunque, in prima istanza, il momento creativo.
L’editore è un imprenditore che, attraverso scelte editoriali come la politica di catalogo, porta avanti un discorso culturale più o meno definito.
Il punto di raccordo fra questi due elementi è proprio l’editor, il cui lavoro non è secondario né a quello dell’autore, né a quello del direttore editoriale.
L’editor lavora sul manoscritto, o meglio lavora il manoscritto. A stretto contatto con l’autore, interviene sulla “materia grezza” fornita da quest’ultimo e la trasforma secondo diverse necessità e finalità, che possono avere a che fare con problemi strutturali dell’opera, punti di forza da sfruttare, elementi di debolezza da eliminare; non ultimo, l’editor può sposare e omogeneizzare le finalità dell’autore e dell’editore nel contesto del discorso editoriale e culturale di cui abbiamo parlato.
Come si possa fare a meno di una figura del genere mi è tuttora oscuro. E, badate bene, questo discorso vale tanto per molte case editrici a pagamento quanto per certi gruppi editoriali dai fatturati stellari. In entrambi i casi non c’è politica di catalogo, non c’è discorso culturale, non c’è finalità qualitativa ma solo quantitativa, anche se in modi differenti. La sostanza, però, resta la stessa: o meglio, è l’assenza di sostanza a rimanere invariata.
Ripesco una vecchia intervista che ci rilasciò il sommo Marcello Baraghini, fondatore e direttore editoriale di Stampa Alternativa, un intervento assolutamente unico in cui spiegò, tra le altre cose, l’importanza dell’editor in una casa editrice:
[…] C’è una figura che i grossi editori hanno abbandonato: l’editor. L’editor è più importante del direttore editoriale. L’editor è una figura più importante del direttore editoriale…di me! Perché trasforma le pietre grezze: non c’è mai un testo pronto per andare in stampa, ma deve passare al vaglio e alla cura di un editor – Calvino fu editor; Vittorini fu editor; Bianciardi fu editor […]
Riportare un solo stralcio dell’intervista è un delitto, visto che Baraghini ci offrì, pur in pochi minuti, una serie di considerazioni grandiose senza soluzione di continuità.
Cos’è quindi l’editor?
L’editor è una figura professionale fondamentale nel contesto di una casa editrice e non è – come spesso si vuole far passare – un elemento di cui si possa fare a meno. Se manca l’editor, si vira verso qualcosa di diverso da ciò che tradizionalmente si intende per “editoria”. Ed ecco che spunta all’orizzonte la vittima successiva: la qualità.