Studio83 @Stranimondi2019 con Futuro Presente – Ecco com’è andata!
Il 12 e il 13 ottobre del 2019 abbiamo partecipato alla convention del fantastico Stranimondi, giunta alla sua quinta edizione.
Questa convention è un’occasione preziosa per confrontarci con colleghe e colleghi (e per rivedere amici e amiche!) e per informarci sulle novità del settore. Eravamo lì anche in veste di editor e curatrici: per presentare la nuova antologia di racconti “Italia Futura Presente”.
Abbiamo partecipato a una conferenza dedicata al futuro dell’Italia, insieme a Elisabetta Di Minico, saggista, Roberto Paura, futurologo, e Tullio Avoledo, scrittore. Moderava la conversazione Silvio Sosio, editore Delos Digital. Ed è stato un confronto interessante, animato anche da discussioni con il pubblico che riempiva la sala.
Tutti noi relatori e relatrici abbiamo scritto e/o curato testi che si occupano di futuro, in diverse modalità.
Roberto Paura lo fa di mestiere, e la sua ultima fatica si intitola “L’Antropocene – L’umanità come forza geologica” (2018, FutureFiction).
Elisabetta Di Minico è una studiosa che si è recentemente fatta conoscere con il suo denso saggio sulla distopia “Il futuro in bilico” (Meltemi, 2018).
Tullio Avoledo è uno scrittore di fantastico tra più conosciuti in Italia e tradotti all’estero, che con “Furland” (Chiarelettere, 2017) ha elaborato una distopia italiana pirotecnica ed emblematica.
Noi di Studio83, Elena Di Fazio e Giulia Abbate, oltre a essere autrici di fantascienza curiamo la collana speculativa dalla quale abbiamo tratto alcuni dei racconti inclusi in “Italia Futura Presente” (Delos Digital, 2019).
Il confronto è stato aperto da Silvio Sosio che si è dichiarato fautore di un nuovo movimento: l’iperpessimismo. Per il momento ha solo lui come membro, ma spera di aumentare i ranghi (ottimisticamente, gli abbiamo fatto notare!).
Silvio Sosio: Non investiamo soldi a cercare di salvare il pianeta, investiamo tutto nella velocità della luce per cercare di andarcene.
Dopo questa apertura incoraggiante, Sosio ha passato il testimone a Roberto Paura: che ha evidenziato come immaginare il futuro dell’Italia è impossibile se non lo si collega a quello del mondo.
Roberto Paura: Siamo in un sistema interdipendente, e dobbiamo fare attenzione ai cosiddetti megatrend, ovvero a tendenze che sono su scala globale e su scala temporale molto lunga.
Uno di essi, che interessa particolarmente l’Italia, è quello demografico. Il nostro è il secondo paese più vecchio del mondo dopo il Giappone, e si sta anche riducendo demograficamente, ma non ci rendiamo ancora conto di cosa ciò comporta e questo argomento è fuori dalle agende politiche.
Da tendenza, però diventerà presto un problema serio. Lasciando da parte le paure di sovrappopolazione tipiche di alcuni filoni della fantascienza, un invecchiamento della popolazione ha impatto sul welfare, sulla mortalità, sull’organizzazione sociale e anche sulla visione di una società, sulla sua flessibilità e sulla sua apertura al cambiamento.
Secondo alcuni, per ovviare a questa tendenza si dovrebbe aprire agli ingressi: le famiglie immigrate e i loro figli potrebbero arginare l’invecchiamento. Ma ciò significa gestire anche la paura di molti che si rifugiano nei sovranismi e nei razzismi di fronte alla sfida del diverso.
Roberto Paura: Parlare di futuro oggi significa parlare di scenari incredibilmente complessi, nei quali ogni soluzione può portare effetti collaterali.
Bisogna affrontare ogni tema con una preparazione anche relativa alla governance generale, ovvero alla gestione di sistemi molto complicati.
Silvio Sosio: Grazie Roberto, ti nomino membro onorario, hai superato ogni aspettativa e mi hai terrorizzato.
Sosio rileva che parlando di governance c’è anche un problema di inerzia della società attuale, che ha dei meccanismi che sembrano inarrestabili e comunque farraginosi. Passa dunque la parola a Elisabetta Di Minico per affrontare il discorso sociale e politico, e gli scenari offerti dalla narrativa.
Elisabetta Di Minico: Se l’utopia è quel genere che racconta di un mondo ideale o idilliaco, il mundus alter dove si è raggiunto l’optimum sociale, politico e umano, la distopia è il contrario. Racconta il peggiore dei mondi possibili, ci trasporta in realtà da incubo e nell’incarnazione del peggio che la società possa riservare. […]. La cosa interessante nella distopia è che la distopia non inventa nulla. Non fa altro che analizzare la società contemporanea, estremizzarla e teatralizzarla.
Di Minico cita Margaret Atwood, che afferma che per “Il racconto dell’ancella” di fatto non si è inventata nulla, ma si è “limitata” a comporre un mosaico di torti e sopraffazioni già accadute in qualche tempo e da qualche parte del mondo.
Oggi ci pare quasi di assistere a una distopia fatta realtà: la distopia non è più soltanto un problema futuro, ma una realtà immanente, non è fantascienza ma una tendenza percettibile della realtà.
Parlando di politica, Di Minico rileva due “attacchi distopici” principali: uno è l’attacco contro il diverso e quello contro la conoscenza.
Dal punto di vista della diversità, la distopia ci insegna tantissimo. I mutanti XMen, ad esempio, incarnano qualunque tipo di alterità; le donne di Atwood sono la prima dissidenza che viene repressa. Il discorso è che una volta che si apre la strada contro qualcuno, non è al sicuro più nessuno.
L’attacco alla conoscenza è funzionale a questo tipo di dominio, e questo ce lo racconta già Orwell: in 1984 è manipolata la storia, l’informazione, ma anche la lingua stessa. “La guerra è pace, l’ignoranza è forza, la libertà è schiavitù.”
Quando il potere dice che il bianco è nero, il bravo cittadino di Oceania deve crederci e dimenticare di aver mai pensato che il bianco debba essere bianco, e affidarsi all’ortodossia del potere.
La conoscenza è dunque il primo modo di resistere alla “distopia nel reale”. E la distopia narrativa è utile perché riconosce l’infezione e vuole metterci in guardia.
Elisabetta Di Minico: Anche io sono pessimista, ma nonostante ritenga che perderemo molte altre battaglie contro questa distopia nella realtà, sono convinta che dobbiamo continuare a combattere. Andrà a finire male, ma finiremo lottando.
Silvio Sosio: Ti sei rovinata sul finale con questa nota positiva.
Viene coinvolto Tullio Avoledo, a proposito proprio dell’ignoranza che permea il discorso politico, e che forse non è un’ignoranza casuale o non voluta.
Tullio Avoledo: Il mio nuovo romanzo comincia il 31 dicembre 1999: non so quanti di voi ricordano la paura del millennium bug. Si passava dalle testate nucleari agli ascensori. Io ho una collezione di libri che descrivono tutto ciò che di apocalittico doveva succedere di tutto… libri che non sono stati più ristampati per ovvi motivi.
Avoledo porta diversi esempi come quello della psicosi del millennium bug, per affermare che di visioni future tremende ce ne sono sempre, ma che in qualche modo poi riusciamo sempre a cavarcela.
Tullio Avoledo: Mi sento comunque fortunato, pensando a un mio coetaneo del 1940 o del 1921.
Sono state fatte tante previsione pessimistiche, ma sono state superate. Le apocalissi si trasformano in sottoproblemi, che vengono in qualche modo integrati in un sistema che va avanti.
Tullio Avoledo: Io propogo l’abolizione dei manager: siamo in mano a un sistema manageriale, nel quale non ci sono più differenze di tipo antropologico tra un dirigente di multinazionale e uno di un partito di sinistra.
Un futuro migliore però è possibile, e Avoledo ci invita a guardarci intorno. Siamo in una scuola! I bambini sono ancora e sempre una strada in cui sperare e per la quale lavorare.
Avoledo rileva inoltre come anche per la fantascienza si possa sperare: questo genere letterario ha avuto una pessima considerazione, oggi invece autori di fantascienza sono interpellati di più e meglio rispetto al passato.
Tullio Avoledo: Chi meglio di noi sa quali sono le strade da evitare o da percorrere? Penso che abbiamo anticorpi per reagire, quindi fonderò un partito all’opposizione di quello di Silvio Sosio! Sono un pessimista che ci prova, ma le paure del passato possono insegnarci molto. E a me, più che l’intelligenza artificiale, fa paura la stupidità umana.
Dunque, si chiede Silvio Sosio, che ruolo può avere la fantascienza in questa lotta contro il collasso della società?
Interpella noi di Studio83 (siamo ormai praticamente viste come una-e-binaria, quindi iperinterlocutrice unica) e domanda, sulla base della nostra esperienza di editor, come affrontano il futuro gli autori e le autrici di fantascienza.
Silvio Sosio: La fantascienza può avere qualche ruolo nel rendere le persone più consapevoli di quello che hanno intorno? Può dare almeno la prima, proverbiale spintarella?
Inizio a parlare io che vi scrivo, Giulia Abbate, con un intervento di carattere più generale, attinente proprio a questa ultima domanda di Silvio Sosio.
Giulia Abbate: Vi do una notizia: in realtà siete tutti utopisti.
Questa provocazione per introdurre un dato di fatto: la visione catastrofica parte dalla convinzione che le cose non debbano andare così, e da standard ideali e idealistici.
Ad esempio, quando ci lamentiamo dell’ignoranza è perché pensiamo che dovremmo esser più colti. Ma noi come “massa” storicamente parlando non siamo mai stati colti, e non siamo mai stati più colti di così.
Il millennium bug raccontato da Avoledo nel 1999 ci ha gettati nel panico, nell’anno 999 invece non si è avuto nessun tipo di problema, non c’è mai stata una paura dell’Anno Mille, perché in Europa le persone non sapevano nemmeno bene in che anno fossero. Noi siamo molto più colti rispetto ai nostri antenati, e viviamo questo effetto collaterale dell’essere bombardati dalla conoscenza (che da sola non aumenta automaticamente il discenimento): aumenta l’ansia. Siamo nell’epoca dell’ansia.
Dal punto di vista sociale, politico, umano, di distopico non c’è davvero niente di nuovo sotto il sole. C’è un concetto nuovo, in effetti, ha solo un paio di secoli: l’essere umano ha diritto alla felicità. Io sono convinta di avere il diritto a esprimermi, a parlare, all’integrità del mio corpo, e questo accade solo qui e adesso.
Non accade in molti paesi del mondo, non accade qui in alcuni gruppi sociali, non accade per ciò che concerne gli animali. Innumerevoli apocalissi sono già in corso, ma non ci interessano e anzi non vediamo che a volte siamo noi a perpetrarle. Una parte dei “nostri valori” potrebbe essere utile a tutti, purché teniamo conto dei vari punti di vista, e in questo la letteratura e le narrazioni possono sicuramente aiutarci.
La fantascienza può fare contropropaganda, quindi ironizzare, smascherare – ovviamente lo fa se sceglie di schierarsi.
Nella fantascienza non tutti voglio farlo: c’è una fortissima vocazione escapista di questo genere, legittima, ma che tende a reagire male quando vede che qualcuno si impegna politicamente.
Questo è accaduto al nostro racconto pubblicato su Urania, “Guerra Fredda”: ci è stato detto da più parti che è bello e scritto bene, ma il parere finale è stato comunque negativo in virtù del fatto che è un racconto schierato.
Sono punti di vista diversi. Non escludendo affatto il valore della letteratura disipmpegnata, divertente, escapista e di intrattenimento, oggi schierarsi narrivamente significa prendere atto della complessità del mondo.
Quello che può fare la letteratura in generale, e la fantascienza in particolare, è questionare degli aspetti, aprire la narrazione dominante e scardinarla, fare vedere cosa non va, porre delle questioni e poi aprire una conversazione.
Inerviene poi Elena Di Fazio, fermando il mio delirio attivista, parlando della collana Futuro Presente e dell’impegno in questo senso.
La collana che è aperta dal 2016 ed è dedicata alla fantascienza sociale: rispetto ad altri filoni è profondamente radicata nell’attualità.
Elena Di Fazio: I racconti della collana operano una traslazione tra quello che viviamo ogni giorno e quello che può accadere in un futuro che è quasi sempre un dopodomani, dunque non molto lontano.
Come curatrici abbiamo scelto e pubblicato una ventina di racconti e ne abbiamo ricevuti molti di più, ci siamo dunque fatte un’idea di quelle che possono essere le tematiche, le visioni, le voci di chi racconta. Ci sono sia pessimisti che ottimisti, e affrontano temi importanti, che chiaramente mancano nella fantascienza di evasione. Abbiamo pubblicato racconti che hanno parlato di sessismo, immigrazione, diversità, guerra, inquinamento, attraverso bei rovesciamenti: la fantascienza è allegoria e si presta bene a prendere argomenti e a dare altre chiavi di lettura, a fare domande senza dare necessariamente delle risposte.
Elena Di Fazio: Se siete interessati a leggere qualcosa di attuale sul futuro, e farvi un’idea di come autori e autrici italiane vedono l’Italia di dopodomani, questa antologia è la lettura per voi.
Si è aperto poi un interessante momento di confronto con il pubblico. Abbiamo discusso di politica, di rivoluzione e di sabotaggio, di educazione, di cambiamento e di una sua definizione, di risposta adeguata ai bisogni di una massa che viene spesso vilipesa e inascoltata, ma che a volte fa anche grandi danni a causa dell’ignoranza e della creduiltà.
Silvio Sosio: Vi abbiamo dato un po’ di sberloni questa mattina.
E bisogna darne un’ultima, ancora: Sosio chiede a ognuno di noi di illustrare in una battuta come finirà il mondo.
Roberto Paura: il mondo non finirà, durerà altri 4 miliardi di anni. Noi invece siamo lì lì: diventeremo qualcos’altro. Diventeremo una specie digitale, magari, tutto tranne che una specie umana.
Elisabetta Di Minico: la fine del nostro mondo potrà essere o ambientale o politica. Se quella ambientale arrivasse prima, ci risparmierebbe forse qualche efferatezza politica.
Elena Di Fazio: ll mondo sopravviverà, forse ci estingueremo noi. Siamo arrivati dopo, e un po’ come i dinosauri, magari non si sentirà la nostra mancanza.
Giulia Abbate: nulla si crea e nulla si distrugge, il mondo non finirà, io morirò, ed è tutto quel che so al momento.
Tullio Avoledo: ci sarà un’invasione di commercialisti!
E questo è quanto, gente!
Ringraziamo la relatrice, i relatori e il moderatore, e naturalmente le persone presenti in sala, per questo incontro che è stato davvero tale: un incontro di visioni, punti di vista e vissuti che speriamo abbia prodotto riflessioni e voglia di ricerche autonome.
Ma non è ancora tutto: a Stranimondi abbiamo assistito ad altri panel, e girato per due giorni facendoci un’idea dello stato dell’arte. Stiamo preparando un resoconto più dettagliato, che pubblicheremo presto sul nostro blog dedicato esclusivamente alla fantascienza: Lezioni Sul Domani.
Vi ricordiamo che la selezione di racconti per Futuro Presente è ancora aperta: leggete qui i dettagli e il regolamento per l’invio dei racconti. Chissà, nella prossima antologia di Futuro Presente potreste esserci anche voi! Auguri!