“Faust” di Johann W. Goethe. Recensione / Halloween 2022
Questo articolo è pubblicato nella cornice della rassegna collettiva di dieci giorni dedicata ad Halloween 2022.
Questa è la settima giornata, a tema: I MILLE VOLTI DEL MALE
Recensione a cura di Sarah Lionti
L’INSAZIABILMENTE PENTITO
Ogni qualvolta l’uomo prova ad andare oltre la propria capacità, imponendosi l’obiettivo di superare la razionalità da lui posseduta, questa viene meno. Il senso di impotenza che si viene a creare nei confronti dei propri limiti infonde una sensazione angosciosa, cupa e subdola, portandolo a prendere decisioni di cui se ne pentirà amaramente, di cui si renderà conto solo dopo una serie di sbagli di aver ormai dannato la propria anima.
Mi chiamo Sarah e la storia che vi racconterò oggi riguarda uno dei pochi classici che ho amato follemente, uno dei volti del male a mio parere più affascinanti della letteratura tedesca di inizio ‘800.
Faust è un dramma in versi scritto e pubblicato da Johann Wolfgang von Goethe nel 1808. Si inspira alla figura del Dottor Faust, alchimista che, secondo la tradizione tedesca, invoca il diavolo affinché lo aiuti a raggiungere una conoscenza elevata in cambio della propria anima.
Divisa in due parti, l’opera inizia con due prologhi: il primo, intitolato Prologo sul teatro è narrato da tre personaggi, un Impresario, un Poeta e un Attore Faceto che discutono animatamente su ciò che effettivamente caratterizzi la buona riuscita di uno spettacolo teatrale. I tre hanno idee contrastanti poiché il Poeta sostiene che tutto dipende dall’ispirazione, l’Attore che bisogna andare in contro alle aspettative del pubblico il più possibile, e l’Impresario sul fatto che lo spettacolo debba avere un forte impatto sul pubblico.
Il secondo, intitolato Prologo in cielo, è ciò che segna l’inizio effettivo del dramma. Vi sono tre Arcangeli che ammirano l’opera del Creatore e nel mentre Mefistofele critica il fatto che l’uomo deve struggersi utilizzando la ragione solo per essere “più bestia di ogni bestia”. Appunto per questo, Mefistofele vuole scommettere con Dio che indurrà a perdizione il signor Faust e, seppur l’astro celeste non accetta, gli dà comunque il permesso di tormentarlo poiché ripone in Faust la fiducia di essere coscienzioso e che, nonostante le azioni del diavolo, riuscirà a raggiungere la salvezza.
Faust ha studiato per tutta la vita in diversi ambiti, quali alchimia, diritto, medicina, filosofia e teologia eppure, nonostante tutta la conoscenza che ha accumulato, a suo parere, lo rendono sapiente solo per apparenza. La sua conoscenza non è nulla in confronto a ciò che il mondo nasconde, e qui mi viene da domandarmi se effettivamente non è una domanda che ci siamo un po’ tutti posti nel corso della nostra vita.
Non si sente appagato e, anche se si avvicina alla magia scoprendo il macrocosmo, non è comunque abbastanza.
Per questo, decide di avvelenarsi ma nel momento in cui le sue labbra toccano il bordo del bicchiere, l’udire delle campane pasquali gli riportano in mente i ricordi di quando era bambino e prestava servizio in chiesa.
Desiste allora dal suicidio e mentre riprende in mano la sua vita, ecco che subentra Mefistofele, colui che gli propone di “sperimentare la leggerezza e la libertà della vita”. Seppur desiste in un primo momento, Faust alla fine si ritrova ad accettare la sua proposta: il diavolo renderà a lui possibile utilizzare i propri poteri per un determinato periodo e se Faust non si sentirà appagato, Mefistofele prenderà la sua anima, dannandolo in eterno.
Una condizione che non grava molto a un uomo come l’alchimista in quanto non gli importa molto di ciò che gli accadrà una volta morto.
Una delle scene che più mi ha colpito in questa prima parte del dramma è stato il momento in cui Faust si trasforma in un giovane cavaliere per poter sedure Margherita, una giovane donna di cui era già innamorato. Seppur Mefistofele non abbia poteri su di lei poiché è una creatura innocente, aiuta Faust con degli espedienti d’astuzia.
Ma, ovviamente, Goethe non ci fa pensare a un lieto fine.
Margherita rimane incinta e la sua vita è ormai disonorata: la madre della ragazza muore per un sonnifero ideato da Faust, il fratello perde la vita in un duello con il diavolo e lei, la cui pazzia si è ormai impossessata dal suo animo, affogherà il figlio e verrà condannata alla pena di morte. Ma essendo una vittima innocente dei giochi di Mefistofele, Dio le darà la grazia eterna.
La seconda parte dell’opera la considero un crescendo di rassegnazione.
Si arriverà al momento in cui Faust è ormai anziano e stanco, e Angoscia ovvero un diavolo che personifica la depressione, lo tenta continuamente. Per farlo cedere, lo renderà cieco ma ciò non basterà per abbattere l’uomo. Continua ad immaginare un futuro roseo dove ogni uomo realizza opere per la propria felicità ed è qui che avviene un’incomprensione che considero opera d’arte.
Nell’attimo in cui Faust e Mefistofele hanno stipulato il loro patto, il diavolo aveva imposto la condizione che se l’uomo non avesse voluto più continuare, avrebbe dovuto recitare le parole “Sei così bello, fermati!”, facendolo vincere.
Faust in quest’ultima parte dice che se avesse vissuto così tanto da vedere gli uomini realizzare tali opere per la propria felicità, avrebbe voluto che quell’attimo si fermasse. Mefistofele capisce erroneamente che vuole porre fine al patto ed è per questo che decide di farlo morire, ma nell’attimo in reclama la sua anima, questa sale in cielo per il suo costante impegno a favore del bene e della società.
Faust è stato salvato per un motivo abbastanza semplice: non ha mai smesso di sperare nell’infinito e nonostante abbia pensato più volte di cedere, di porre fine alla sua vita poiché troppo pensate il fardello limitata conoscenza, nella sua anima la speranza non si è mai spenta.
Goethe è stata una piacevole scoperta nel corso delle mie letture e, nonostante il suo essere cupo, apprezzo e amo il modo che ha di narrare i fatti. La schiettezza e la crudeltà con la quale li rappresenta, ci fa pensare che nulla della vita debba essere romanzato o attutito per far sì che sia più facile ingoiare il tutto.
Le malefatte e i peccati che l’uomo commette devono essere visti per quelli che sono e, che ci sia Mefistofele a sussurrarci nell’orecchio o un Dio a salvarci una volta terminato il nostro viaggio, le nostre azioni dipendono solo da noi stessi, con o senza aiuto celeste o demoniaco.
A cura di Sarah Lionti
Ma anche umorismo, grottesco, amore infinito, dolore e degrado, tutto ci fa comprendere come quel mondo cosi strano e disturbante ci appartenga di diritto perché…in fondo è il luogo chiamato anima.
Per saperne di più sull’iniziativa, leggi il comunicato dell’evento.