“Le Fiabe delle Tre Sorelle” di Martina Rosazza Burolino – Recensione
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In questi giorni ho avuto il privilegio di leggere alcune fiabe.
In che consiste questo privilegio è presto detto: le fiabe sono ancora inedite, sono state premiate per la loro qualità, scritte e illustrate splendidamente da una giovane artista con una carriera già solida. Inoltre, non sono tradizionali, bensì nuove, e comunque suggestive e valide.
Già in passato noi di Studio83 ci siamo occupate di fiabe e di testi illustrati.
Per ciò che riguarda questo secondo ambito, abbiamo seguito autori e autrici che scrivono, realizzano e pubblicano libri illustrati.
Uno di loro, Simon Sword, è stato autore in cima alle vendite di Amazon e ci ha affidato più di un lavoro: progetti diversi, con illustrazioni e narrazioni molto varie.
Questo ci ha dato modo di approfondire la “struttura” di un libro illustrato e di conoscere meglio, esplorandoli dall’interno, i meccanismi che rendono efficace una proposta narrativa di questo tipo.
Parliamo ora di fiabe.
Nel “Manuale di scrittura di fantascienza” (scritto da Giulia Abbate con Franco Ricciardiello) parlando di narrativa e narratologia abbiamo doverosamente citato lo strutturalista russo Vladimir Propp, che a partire da un corpus di fiabe popolari ha sistematizzato le funzioni del racconto nel suo testo capitale “Morfologia della fiaba”.
Esiste una variabilità di personaggi, eventi e soluzioni, che è tuttavia possibile raggruppare in una serie di funzioni. La trama delle fiabe è schematizzabile con una ricombinazione di queste trentuno funzioni (…). Naturalmente non tutte le funzioni sono presenti in ogni singola fiaba, ma è possibile incasellare gli eventi di qualsiasi narrazione all’interno di questa casistica. A questi elementi, Propp aggiunge un elenco di personaggi ricorrenti.
Anche qui sul blog, in un vecchio post dal titolo “C’era una volta”, abbiamo considerato quanto la fiaba sia allegorica, a volte feroce, ma funzionale a una trasmissione di significati: è evocativa di sistemi di valori, che magari oggi non ci appartengono più, ed è anche portatrice di archetipi ben più profondi della sovrastruttura che manifestano.
Le fiabe migliori sono la base di ogni racconto, perché si strutturano come un “racconto naturale”, connaturato alla nostra struttura cerebrale. E tornano sempre su, sono narrate e rinarrate, e proposte magari uguali, ma con letture diverse.
Da Clarissa Pinkola Estes ai retelling di questi ultimi anni, ad esempio, abbiamo imparato come anche le fiabe che riservano alle donne le sorti peggiori possano essere invece intese come percorsi iniziatici di liberazione della persona e di vero e profondo empowerment della donna.
E abbiamo anche sperimentato quanto sia potente l’effetto di una fiaba, nel momento in cui si torna a usarla per comunicare dei valori: la polemica scomposta e infiammata sulla Sirenetta nera è significativa dell’importanza che la fiaba ha ancora per noi, anche se non ne siamo più consapevoli come un tempo.
Nelle fiabe migliori, possiamo leggerci tante cose diverse, che possiamo aggiornare o persino capovolgere reinterpretando lo stesso testo originale, un po’ come nei libri sacri; e non è per volontà iconoclasta che accostiamo i secondi alle prime, ma perché entrambe le narrazioni attingono allo stesso materiale simbolico, vengono dalle stesse lontane nebbie delle origini (personali e della specie), rispondono aagli stessi bisogni umani di comunanza, di significanza, di metafisica.
Inoltre: le fiabe vere, le fiabe belle e che restano nel tempo, non sono o “per bambini” o “per adulti”. Possono tornare pregnanti in qualsiasi momento della vita, se manteniamo l’allenamento – ovvero la finezza immaginativa, che spesso perdiamo crescendo – di applicare la storia generale al nostro particolare caso, usando l’allegoria con coraggio e creatività.
Le fiabe, parafrasando proprio una nota dell’autrice delle storie che ho letto in questi giorni, le fiabe non sono per creduloni, sono per credenti.
E andiamo quindi al punto: “Le Fiabe delle Tre Sorelle” di Martina Rosazza Burolino sono una lettura densa e leggera allo stesso tempo. (Anche questo fa parte delle potenzialità di una buona narrazione fiabesca.) Raccolte in un cofanetto, fanno parte di un progetto pluripremiato, che l’autrice mi ha inviato per un parere tecnico.
Ho deciso di parlarne qui sul blog perché mi sono piaciute molto, e se dovessi dare un consiglio di lettura valido per diversi tipi di persone e situazioni penso che con questo non sbaglierei.
“L’origine degli elefanti”, “La Morte e le sue Tre Figlie”, “Le Sette Mogli” sono tre storie distinte e “autoconclusive”, abbastanza brevi e narrate in versi, dove il testo è ben accostato a illustrazioni che ne rimandano gli scenari, e insieme aumentano le suggestioni possibili.
Cosa altrettanto interessante, sono il frutto della fantasia dell’autrice: non sono quindi rivisitazioni o retelling. Eppure, attingono a modelli tradizionali e usano personaggi e scenari tipici di un immaginario condiviso. L’effetto è straniante: alla fine ci si sente come reduci da una conversazione con una nonna particolarmente sorniona e spericolata, nonostante Rosazza sia piuttosto giovane (anche se ha al suo attivo una esperienza di lavoro e di vita che in effetti “aumenta” di parecchio la prospettiva).
Le fiabe vengono introdotte da un breve “proemio” in versi: le tre storie sono racconti delle tre Parche, sinistre e insieme sagge, che ci invitano a non soffocare mai l’immaginazione. L’introduzione ci permette di familiarizzare con il linguaggio della raccolta: versi in rima baciata AA/BB, con metrica che alterna (sempre in coppie uguali) endecasillabi e settenari+ottonari. In soldoni, si tratta di un verseggiare un po’ più complesso di quello della filastrocca, ma abbastanza semplice per essere letto ad alta voce con facilità, che garantisce una lettura scorrevole.
“L’origine degli elefanti” mette in scena il classico tema della trasformazione: una certa creatura si comporta in un certo modo, e per “contrappasso” viene trasformata in una creatura diversa che prima non esisteva, e che ha certe caratteristiche proprio a causa di ciò che è accaduto, e che la storia racconta.
Evocativa l’ambientazione: l’autrice ha vissuto in Tailandia, e il fiume che risplende “in una terra lontana, in una giungla nascosta” evoca quel panorama. Interessante anche la figura del Re dei Topi, che insieme al suo popolo aiuta i protagonisti nella loro quest verso il tesoro del Mago, un elemento classico, questo, che però si manifesta in modo suggestivo.
“La Morte e le sue Tre Figlie” ricalca un altro tòpos classico, quello della predizione del futuro che, diciamo così, si avvita su sé stessa. C’è la Morte che tiene banco, ci sono le sue tre figlie che vorrebbero scalzarla, e che per ottenere il primato sulle sorelle sono chiamate a una competizione che coinvolge una regina assai poco stabile (ma vorrei vedere chi riuscisse a essere stabile, se si trovasse in palio tra le figlie della morte).
In questa favola di regine, castelli e predizioni, ho apprezzato molto un altro elemento tipicamente medievale, e poco conosciuto: il popolo di contadini che a un certo punto si scoccia dell’arbitrio del signore e assalta il castello con le roncole in mano.
Ah, il bel mondo dei commons pre-enclosures, le jacquerie, i fiumi di sangue… scherzi a parte, dalle ambientazioni orientali torniamo con questa fiaba a un immaginario tipicamente europeo, che Rosazza maneggia bene e che mi ha dato il senso di straniamento di cui parlavo in apertura: si ha l’impressione di leggere una fiaba antica (grazie anche al finale a sorpresa, pure quello molto in auge nella nostra tradizione fiabesca finanche orale)… finché non ci imbattiamo in un mefistofelico: “MUHAHAH”, e parte l’effetto manga!
“Le sette mogli” è l’ultima fiaba, ed è la più complessa, anche se come lunghezza non si discosta molto dalle altre. Pure questa mette in campo alcuni archetipi oltre a dei concetti della religione cristiana, che non voglio rivelare per evitare spoiler; e personaggi fuori dai canoni, come il Paraninfo, che procura le mogli a un incontentabile Alchimista.
La conclusione della fiaba chiude il cerchio con la prima filastrocca che introduce le tre sorelle: perché nella nota esplicativa finale torniamo a una scena domestica e a tre sorelle che intorno a un tavolo giocano a raccontare.
Ho detto nota esplicativa: tutte e tre le fiabe hanno in coda qualche riga nella quale l’autrice prende la parola e racconta qualcosa sulla genesi della storia. Queste note sono storie aggiuntive, perché quasi inconsapevolmente ci raccontano le traversie di una giovane donna moderna, che rielabora riflessioni e avversità proiettandole nel mondo fiabesco e costruendoci intorno queste storie.
Il comparto illustrativo è davvero notevole: ammetto di essere meno preparata da questo punto di vista… sono editor e posso parlare dei testi, non sono un’artista figurativa né una critica d’arte, e delle illustrazioni posso solo esprimere un giudizio di gusto, e riportare le sensazioni che mi comunicano, come farebbe una qualsiasi lettrice.
Le illustrazioni sono senza dubbio altre storie, viaggi nei viaggi, che riempiono gli occhi con esplosioni di colore e che, un po’ come le fiabe stesse, uniscono antico e moderno: ambientazioni tipicamente fiabesche e digital art.
Posso però esprimermi sull’impaginazione: ho apprezzato la diversa composizione delle pagine, che ha una sua logica, e una sua ricorsività, la stessa di alcuni elementi grafici come i rami e le foglie che contornano alcuni versi. Se ci pensiamo, la ricorsività pure fa parte della fiaba: dove ci sono elementi (formule narrative, o figure retoriche, o funzioni, o veri e propri blocchi di versi) che nel tornare ci danno appigli “rassicuranti” e funzionali, ad esempio, alla diffusione e alla fruizione orale. Apprezzabile anche lo stacco tra fiaba e note esplicative, che presentano una diversa organizzazione della pagina.
Non posso che concludere questa recensione con un invito alla lettura, e a seguire il lavoro di Martina Rosazza, artista insieme esperta e promettente. E in questi giorni in cui siamo reclusi in casa nostro malgrado, una fiaba è forse il modo per viaggiare nel tempo della nostra storia, intesa sia come storia personale e come tuffo nell’infanzia, sia come storia culturale, vivificando gli archetipi ancora forti in noi. Senza dimenticare che:
La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi.
Gianni Rodari
Per concludere, una nota biografica dell’autrice:
Martina Rosazza Burolino si laurea in lingue e letterature straniere all’università Cattolica di Milano con il sogno di diventare scrittrice.
Inizia a interessarsi ai libri illustrati grazie alla sorella e coinquilina, creatrice di libri per bambini per una piccola casa editrice di Milano.
Scoprendo una enorme passione per il visual story telling decide di conseguire una seconda laurea in arte a Tokyo. Con due lauree, una in arte e una in letteratura, inizia un percorso professionale come artista per importanti studi di animazione lavorando prima come stagista a “Monk Studios” in Tailandia e successivamente a “The Walt Disney Company” prima a Tokyo e successivamente a Monaco di Baviera.
Parallelamente al suo lavoro di artista per l’industria dell’animazione scrive e illustra una collana di fiabe intitolata “Le Fiabe delle Tre Sorelle”, una delle quali vince due concorsi nazionali letterari nel 2019.
Forte di questi premi riesce ad attirare l’interesse di alcune case editrici e decide di realizzare il primo cofanetto di una collana, contenente le prime tre fiabe: “L’Origine degli Elefanti”, “La Morte e le sue Tre Figlie” e “Le Sette Mogli”.