Diritto d’autore, pirateria, condivisione: parliamone

La prima rivoluzione industriale avviene in Inghilterra all’inizio del ‘700 ed “esplode ” dalla nascita delle enclosures, le recinzioni ai terreni demaniali che escludono piccoli contadini e pastori dall’uso della terra.

Si può dire che una cosa del genere avviene anche nel campo editoriale con la diffusione del diritto d’autore.
L’evoluzione del diritto d’autore va di pari passo con quella del mestiere dell’editore e del mercato librario, condizionato anche dall’alfabetizzazione e dall’industralizzazione.

Il diritto d’autore è un’invenzione moderna e, giusta o meno che sia, è anche figlia della rivoluzione industriale che tanto ha cambiato la storia umana.

Il concetto è condivisibile: riconoscere lo status del creatore dell’opera d’ingegno.
Nella pratica il diritto d’autore è spesso usato come una recinzione che esclude chiunque non cacci i soldi, e tanti: niente “visione in pubblico”, niente fotocopie, nessuna possibilità di citazione, niente lucro, niente “profitto personale” (è il decreto Urbani: se scarichi qualcosa poi non te lo vai a comprare e quindi hai un profitto personale. E si parla di sanzioni penali.)

Ora però viviamo nel bel mezzo di un’altra rivoluzione: quella dell’informazione.

La circolazione libera dei contenuti sta oltrepassando il loro mercato, la condivisione prende piede sulla proprietà privata tanto cara alle rivoluzioni borghesi.

Anche il diritto d’autore  vive momenti difficili. Tutto iniziò con Napster: sembra un’eternità, ma non sono passati nemmeno dieci anni. I file musicali furono i primi a essere condivisi, seguiti dai video grazie alle connessioni a banda larga, e con l’avvento dei lettori  ebook (in Italia ancora da venire, per la verità…) possiamo trovare sul P2P moltissimi titoli da scaricare gratuitamente e leggere o stamparci per conto nostro. (Segnalo un post interessantissimo di Gamberetta riguardante la distribuzione gratuita degli ebook e i vari formati in circolazione: è una miniera di informazioni!)

È ovvio che una cosa simile non piace a tutti. La “pirateria” dei contenuti è equiparata al furto, e (in certi bei cartelloni che si vedono in certi megacinema) al terrorismo, “paura… eh?”
Si invoca una regolamentazione di internet agitando lo spauracchio di pedofili, maniaci e (indovinate?) terrorismo, “paura… eh?”!

Ma la pratica di milioni di singoli utenti aggira il copyright e non giocano più secondo le regole imposte.

Chi ignora le regole della guerra, e fa la guerra, anzi in questo caso la guerriglia, fuor delle regole, contro le regole, anzi, del gioco, quasi sempre vince.

Non è un generale americano che parla di terrorismo, ma un brano sulle Cinque Giornate di Milano, da “Ai miei cari compagni” di Bianciardi. Ma è una regola sempre valida!

Più che remare contro una marea, quindi, molti si stanno rendendo conto che è il caso di cercare di ricavarci qualcosa in ogni caso. Sulla rivista di  Altroconsumo leggo:

Musica online, QTRAX: un primo passo
La notizia è di quelle che fanno di certo piacere a chi chiede a gran voce la possibilità di scaricare legalmente musica dalla rete senza dover pagare. Negli States (per ora solo lì) ha aperto i battenti Qtrax, un sito che, in accordo con le major discografiche, (che hanno però di recente smentito) permette la distribuzione di file musicali via P2P in maniera gratuita grazie ai proventi della pubblicità.

Premesso che, se per ascoltare una canzone o vedere un video devo sciropparmi la pubblicità, continuo a scaricarmelo via BitTorrent, segnali come questo ci dicono che qualcosa si sta muovendo in favore dello sharing.

Parliamo di libri: è di oggi la notizia che Paolo Coelho incoraggia lo sharing dei suoi lavori, e ne LINKA le fonti dal suo sito ufficiale!  Secondo la sua esperienza, lo sharing non scoraggia le vendite, ma anzi è un ottimo mezzo di pubblicità gratuita.

Questa è anche l’opinione di alcuni scrittori esordienti nostrani, come Giulio Della Rocca e Simone Maria Navarra, che basano l’autopromozione sullo sharing e la diffusione gratuita.

Inoltre, sempre più blogger e “creatori di contenuti” (comprese noi!) si affidano alla licenza Copyleft, che tra le tante opzioni può vietare l’uso dei contenuti a scopo commerciale mantenendone “aperto” l’uso, nella filosofia del P2P.

Come avvenuto per la musica e per i video, lo scambio libero di letteratura sta prendendo piede. E all’estero comincia a diffondersi la pratica di far girare gratis i libri, per poi far pagare ai lettori le presentazioni in libreria e gli eventi legati al romanzo, equivalenti letterari del “concerto”. Ovvio che le inziative contrarie sono molte e anche pesanti (l’UE rischia di alzare NOVANTACINQUE ANNI la durata dei diritti d’autore, come in USA) ma i modi per contrastare i grandi interessi ci sono.

Supportare la piccola editoria? No: supportare le BIBLIOTECHE.
Le biblioteche, che sono le progenitrici del P2P, che sono troppo poche, pagano a oggi una tassa sul prestito in favore degli editori.

In Italia ci sono più di 8000 comuni: se ci fosse almeno una biblioteca per comune che acquistasse qualche titolo con periodicità e metodo, molti editori vedrebbero triplicare i fatturati.

E non mi si tirassero fuori discorsi del tipo: ma io il libro lo voglio mio, il tocco della carta sotto le mani, la mia mega libreria… l’acquisto, il possesso, le carezze sulle coste sono lussi, e in quanto tali si pagano.

La cultura, però, la cultura pubblica, libera e aperta, è un’altra cosa.