Scrivere racconti: parliamone!

Più volte sulle pagine (e-pagine?) di questo blog vi abbiamo segnalato racconti e antologie di racconti da leggere, trovare o riscoprire.

L’ultima in ordine di tempo: Le Variazioni Gernsback, un titolo sofisticato per un tema, la “fantamusica”, affrontato da più angolazioni e punti di vista (o di ascolto!)

Le variazioni Gernsback

Spesso si sente dire che “i racconti non vendono”: in generale si tende a considerare una raccolta o un racconto stesso come un qualcosa di “minore” rispetto a un romanzo.
Altrettanto spesso, questo è solo un luogo comune che viene smentito dai fatti.

Ce lo racconta Rossella Milone, in “Però sono racconti”; un articolo bellissimo e denso di rimandi, apparso su L’Internazionale qualche settimana fa.

I libri di racconti in Italia, infatti, si pubblicano. E da quello che dice The Telegraph, la short story è tornata a far parlare di sé un po’ ovunque, […] soprattutto da quando autrici come Alice Munro e Lydia Davis – pure scrittrici di racconti – hanno vinto nel 2013, rispettivamente, il Nobel e il Man Booker International Prize.

Nella lunga retrospettiva che segue, Milone cerca una definizione, meglio, delle caratteristiche comuni e paradigmatiche della forma racconto, a partire dalle quali costruire una definizione del racconto come genere a sé.

E se fosse questa la cosa che i racconti devono fare? Dal loro cerchio perfetto e chiuso, costringere chi legge a cercare un altrove, un varco che si apra sconfinato su tutto ciò che il racconto non dicendo, dice.

Adoro questa definizione e adoro i racconti in generale.

Una delle mie letture preferite, il libro che salverei dal proverbiale incendio (insieme al mio reader con dentro altri diecimila titoli, ça va san dire) è Sessanta racconti di Dino Buzzati, ultimo Premio Strega a dei racconti nel 1958.

[Aggiornamento: Michele Piccolino ci ricorda “A caso”, di Tommaso Landolfi, Premio Strega 1975, e “Microcosmi” di Magris, Premio Strega 1999.  Grazie Michele, scusate lettori! 🙂 ]

La realtà, la nostra realtà, cala il travestimento e mostra il suo assurdo nel momento in cui accade qualcosa di inaspettato; e specularmente, ambientazioni totalmente fantastiche e vaghe ci dicono molto sulla verità umana, su di noi e su come siamo fatti

Recensione di Sessanta Racconti di Dino Buzzati

Da lettrice, amo i racconti perché sono una serie di visioni, di proposte, che “attaccano” uno stesso argomento o esemplificano una poetica da tantissimi fronti: uno a racconto.
Quando un’antologia è fatta come si deve, ogni racconto è a suo modo il capitolo di un discorso, il romanzo di una collana.

Il racconto che mi piace leggere contiene una buona dose di tensione e di mistero e nelle ultime righe include spesso un colpo di scena che mette tutto in una luce diversa. Un maestro di questo tipo di rivelazioni è Michael Chabon, anche se a volte esagera un po’ e pecca di serialità.

Per quanto riguarda la mia esperienza diretta di scrittrice professionista, quando mi trovo in fase di scrittura do molta importanza alle classiche unità di tempo e luogo.

E “condenso”: a partire da una serie di problemi, personaggi e tematiche, mi dilungo in un lavoro intenso di selezione e costruzione che solo successivamente porta alla scrittura del racconto.

Lo scopo è quello di dare al lettore e alla lettrice solo una parte del “mondo” che ho ideato, una realtà idealmente divisa in tre:

  • quello che io scrivo e descrivo esplicitamente, e che do a carte scoperte a chi legge;
  • quello che lascio implicito, gli indizi che dissemino, ciò che “nascondo”, per dirla alla Calvino, in modo che il lettore e la lettrice possano trovarlo;
  • quello che non so nemmeno io: l’interpretazione di chi legge,  i significati costruiti e inferiti autonomamente e che non dipendono del tutto dalle mie intenzioni.

Il racconto è comunque una forma viva e vitale della letteratura mainstream e di genere.

Ecco, in Italia i racconti esistono, vengono pubblicati. Solo che come la nebbia di Totò e Peppino, ci sono ma non si vedono; o, meglio, non si vedono bene.

Non si vedono sugli scaffali della maggior parte delle librerie, non si vedono ai festival, ai premi; non si vedono sui giornali né nei piani promozionali degli editori. Figurarsi se si vedono nelle classifiche, per quello che vale. Spesso, poi, a pubblicarli sono case editrici indipendenti dalla forza troppo esigua per poter imporli sul mercato.

Il problema è che se i racconti non si vedono non si vendono.

Questo ragionamento cristallino di Milone può aiutarci a fare di più, a cercare racconti e a scoprire quelli a noi più congeniali. Non dimentichiamo che dopotutto, leggere racconti è spesso più semplice che addentrarsi nelle pagine di un romanzo.

Scriverli per molti è più conveniente e veloce:

…al netto del talento individuale, però, è difficilissimo creare racconti incisivi e memorabili.

A voi piace leggere racconti? E di che tipo o genere? E se scrivete, vi piace scrivere racconti?

E non dimenticate: per qualsiasi evenienza, c’è Studio83! I nostri servizi letterari sono pensati anche per i racconti!
La valutazione degli inediti comprende anche raccolte e antologie, e  abbiamo inventato il servizio di editing per concorsi letterari appositamente per i racconti!