“Come si legge un libro (e perché)” di Harlod Bloom – Recensione

Pochi giorni fa abbiamo pianto la scomparsa di Harlod Bloom, critico letterario statunitense, morto all’età di ottantanove anni.

Divenne una figura nota al grande pubblico negli anni Novanta, quando pubblicò la sua opera The Western Canon nel 1994, ponendosi al centro di un dibattito sull’eredità dei classici, chiamato guerra dei canoni.

Da WIKIPEDIA

Autore di opere molto discusse e studiate, che hanno innegabimente influenzato la critica letteraria, fino a essere praticamente identificato con essa, Bloom si definiva “l’ultimo barricato sul fronte del Sublime”. Durante la sua lunga carriera non ha risparmiato le posizioni polemiche ed estreme.

In un interessante contributo su Wired, il giornalista Paolo Armelli afferma che:

Volendo stabilire in modo monolitico il canone occidentale, il critico contribuì a definire in modo fondamentale un’intera cultura letteraria finendo anche per incarnarne i maggiori difetti.

Da Perché Harold Bloom è considerato il più grande critico occidentale, WIRED

Celebri le sue polemiche contro i Nobel a Doris Lessing e Dario Fo. In generale, Bloom non ha mai esitato a esprimersi in modo netto e chiaro, andando anche in controtendenza rispetto all’Accademia e alle visioni più diffuse.

Celebre avversario del politicamente corretto applicato all’arte, rispondeva fieramente: “Ho sostenuto come scrittori i cosiddetti ‘maschi europei bianchi defunti’. Beccandomi l’accusa di razzismo, elitismo e sessismo. Ma la grande letteratura non ci rende più altruisti”.

Da Repubblica

Sul fatto che la letteratura non ci renda automaticamente più altruisti, né intrinsecamenre migliori, non possiamo che essere d’accordo!

Definì i suoi avversari “la scuola del risentimento”, perché  “cercano di allargare il canone per alimentare il sentimento della propria identità attraverso il risentimento”. Per questo criticava i dipartimenti che nei loro corsi tenevano insieme “Batman, i parchi tematici dei mormoni, i televisori e Milton”.

Da Repubblica

Nella convinzione che uno specifico canone identitario possa convivere con altri senza troppi drammi e barricate, pubblichiamo una recensione a un saggio di Bloom, che sia anche un invito alla lettura e alla riflessione: il critico analizza alcune opere di narrativa (di maschi bianchi occidentali, tranne una) dal punto di vista non solo della loro struttura e sostanza, ma anche della loro fruizione.

(L’analisi appassionata delle poesie di David H. Lawrence mi è servita per meglio apprezzare il romanzo “Bestie” di Joyce Carol Oates, che cita alcuni verso dello scrittore inglese.
Al contrario, devo a questo saggio l’essermi evitata di approfondire l’opera di Cormac McCarthy, uno scrittore che stavo iniziando a studiare, ma che proprio le parole appassionate e ammirate di Bloom mi hanno fatto abbandonare, nella convinzione che non facesse per me e nella volontà di evitarmi dosi immani di violenza e cattiveria gratuite.
Così facendo, ho dunque adottato proprio l’auspicio di Bloom, che invita a leggere con umanità e in primis per sé stess*, senza dogmi di sorta.)

Buone letture, buone riflessioni, buone decisioni.

Come si legge un libro (e perché) di Harold Bloom

In questo saggio, Harold Bloom ci conduce alla scoperta (o alla riscoperta) di alcune delle più celebri opere della letteratura mondiale; e lo fa dopo aver ribadito la necessità di leggere “per se stessi”, senza doveri o dogmi, e di leggere con umanità, “con tutto il proprio essere”.
Nella Prefazione e nel Prologo “Perché leggere”, Bloom ci espone alcune opinioni sulla lettura e sui suoi motivi, che poi sono anche principi di lavoro.

Il grande critico ci porge quattro esortazioni:
* liberare la mente dal “gergo”, dagli automatismi dogmatici che ci impediscono di rinnovare le nostre esperienze e di arrivare all’autenticità della lettura,
* non cercare di migliorare chi ci circonda tramite ciò che leggiamo o il modo in cui leggiamo. È già abbastanza difficile, sostiene Bloom, dedicarsi al miglioramento di se stessi, e a suo avviso nel campo della lettura l’attivismo è controproducente perché ognuno legge a modo proprio, le cose che preferisce e in modi diversi quanto lo è l’andatura di ognuno;
* una terza esortazione è più che altro un esempio al quale rifarsi: lo studioso è una candela accesa dall’amore e dal desiderio di tutta l’umanità;
* la quarta regola formulata da Bloom sostiene che per leggere bene occorre essere inventori. Spiegare il significato di questa asserzione priverebbe del gusto della scoperta chi vuole leggere questo saggio.

Oltre alle considerazioni sul piacere della lettura solitaria e umana, Bloom ci fornisce anche qualche indicazione sul suo modo di vedere la critica letteraria, che invece cito in calce dal testo:

Per come ho imparato a interpretarla, la critica letteraria dovrebbe essere empirica e pragmatica anziché teorica. I critici che ho preso a modello (in particolare il dottor Samuel Johnson e William Hazlitt) esercitano la loro arte allo scopo di rendere perfettamente esplicito quanto è implicito in un libro. Nelle pagine seguenti (…) mi concentrerò soprattutto sui metodi per notare e cogliere quanto può e deve essere reso esplicito. Poiché, a mio avviso, la questione di come leggere conduce sempre alle motivazioni e alle finalità della lettura, non separerò mai il “come” dal “perché”.

Come leggere un libro (e perché) di Harold Bloom

Secondo questo principio, Bloom condivide con noi le sue conclusioni riguardo moltissimi autori, seguendo una divisione per genere d’opera:  la Parte Prima è dedicata ai racconti, la Seconda alle Poesie, la Terza inizia la trattazione di alcuni Romanzi “cardine” della narrativa, la Quarta parte affronta la lettura di alcune opere teatrali e la Quinta prende in esame alcuni romanzi moderni e contemporanei.

Ogni parte ha poi un riepilogo in cui si tirano le somme e molto più spesso si aprono nuove idee e possibilità di lettura.

Possiamo notare come la vena divulgativa di Bloom lo porti a parlare di alcuni grandi classici della letteratura, quelli affrontati anche a scuola, come le rime di Tennyson, il romanzo di Proust o i racconti di Borges, ma lo porti anche a condividere con noi strade meno battute come le poesie di David H.Lawrence, i racconti di Flannery O’Connor e alcuni romanzi minori di Faulkner e McCarthy.

Il tono, alle volte, si fa leggermente normativo, ma suppongo che sia normale da parte di un critico tanto esperto il dare per scontato l’interesse del lettore, accanto al proprio genuino entusiasmo.

“Come leggere un libro (e perché)” non è comunque un saggio facile, e al pari dei testi che prende in esame va letto lentamente, con calma e pazienza, fermandosi quando necessario e accettando anche che non tutto (il mare di rimandi, le citazioni, i riferimenti ad altra critica) potrà essere esplicitato e chiaro sempre in pieno.

È però un saggio che ha uno stile scorrevole e un respiro ampio, e insegna molto sugli autori e l’autrice presi in esame, sulle conversazioni che si possono fare con loro e anche sui modi in cui si può attaccare un testo letterario, classico o moderno che sia.

Leggere è infatti una pratica che migliora con il tempo e con l’applicazione, e maestri come Bloom, pur affermando di non volerlo fare,  ci aiutano a trovare la nostra personale strada di lettori e lettrici.