Editori a pagamento – Come riconoscerli subito? #EAP

Pochi giorni fa, abbiamo parlato della chiusura del WD e della presenza ancora forte delle case editrici a pagamento. C’è bisogno di informazione e competenze, per aiutare autori e autrici esordienti a orientarsi in un settore non sempre trasparente.

Questo è lo scopo del post di oggi.

Quando finiamo un testo, magari lo editiamo, e arriviamo infine a una versione soddisfacente e proponibile, iniziamo a cercare un editore.

Come?

Molto spesso, lo facciamo online: cerchiamo i siti web di case editrici che possano essere interessate al nostro manoscritto.

Questo è importante: gli editori non sono tutti uguali, quindi smettiamola di sparare decine di manoscritti a caso e studiamo i nostri interlocutori. Risparmieremo tempo, soldi e silenzi frustranti (ma inevitabili, in certi casi!).

Una mossa precedente all’invio deve essere quindi la selezione di editori con un catalogo affine al titolo che vogliamo proporre.
Già qui ci sarebbe molto da dire, ma noi oggi vogliamo partire un passo più indietro, e prima di parlare di merito (ovvero di catalogo, identità editoriale e pubblico di riferimento) parliamo di logiche aziendali.

Una casa editrice, infatti, è un’azienda culturale. Il sito web non serve solo a trovare la mail o l’indirizzo di spedizione: è anche una vetrina che ci racconta del suo lavoro.

Alcune case editrici a pagamento un tempo dichiaravano tranquillamente online il loro statuto: ti pubblichiamo se paghi, e a te la scelta.

Oggi non è più così: la battaglia #NOEAP ha dato i suoi frutti, e anche se nel mio post precedente ho affermato che le generazioni più giovani non hanno sempre chiaro il punto, le aziende hanno capito benissimo che per chiedere soldi devono agire con un po’ più di finezza.

Facciamo caso ai siti web delle case editrici a cui vorremmo rivolgerci, o che troviamo a una prima ricerca: con un po’ di pratica, non diventa difficile distinguere chi ci chiederà un contributo da chi pubblica scrittori su cui investe i propri soldi ed energie.

Alcuni editori restano sul vago. Sul loro sito non parlano di richieste, ma solo di offerte: offerta di servizi editoriali, offerta di pubblicazione, offerta di assistenza e valorizzazione delle penne esordienti, offerta di realizzare sogni e ambizioni.

Qui ti facciamo notare una cosa: le “offerte” proposte, anche le più nobili, non sono mai rivolte a qualcuno che voglia leggere un libro, ma si concentrano sulle esigenze di chi il libro lo vuole pubblicare.

Già questo deve farti suonare un campanellino!

Ci sono poi ulteriori indicatori utili a distinguere un editore tradizionale (ovvero che pubblica testi scelti e sperabilmente li promuove per venderli) da uno a pagamento.

Ad esempio: la pubblicazione prevede un iter obbligatorio nel quale l’autore o autrice DEVE pagare l’editing, la correzione di bozze, l’impaginazione, etc.

Oppure: il contratto prevede l’acquisto obbligato da parte dell’autore/autrice di un numero preciso di copie.
(Mi è capitato di leggerne uno giusto la settimana scorsa: acquisto delle prime 100 copie a prezzo di copertina. Ma nel contratto il prezzo di copertina non era specificato. Ti rendi conto di cosa rischi a firmare qualcosa del genere?)

Insomma, dopo l'”offerta” rivolta a chi scrive, significativo è anche il contratto che include condizioni secondo le quali l’autore/autrice deve impegnarsi a sborsare soldi, o è coinvolto/a in fasi che non sono di sua competenza, come l’impaginazione, la vendita, l’acquisto di copie.

Queste condizioni, ripetiamolo, sono spesso accuratamente confuse in un marasma di buone intenzioni e pubblicità: se li chiami “editori a pagamento” si arrabbiano anche!

Ma è un trucco che si sbriciola alla prova dei fatti: non si può nascondere la propria ragione commerciale e insieme farsi pubblicità.

Quindi il modo più efficace e veloce per capire se avete a che fare con una casa editrice a pagamento, anche prima di arrivare a un contratto o contatto, è domandarvi a chi si rivolge l’editore, e più specificatamente: chi è il target della comunicazione, e quindi il cliente di questa azienda?

Perché la sostanza è sempre quella: un’azienda ha bisogno di clienti.

Se il sito ha in primo piano il catalogo, i titoli, gli eventi, le promozioni; se mette l’accento sugli autori di punta, sui propri best seller o sulle ultime uscite; se comunica i propri libri e perché dovresti leggerli… il target/cliente è chi legge, è il pubblico, è chi può essere interessato a trovare e comprare quei libri.

E quando il cliente è chi legge, l’editore si impegna per vendere libri, e l’autore/autrice è chi presta l’opera e viene pagato, partecipando poi agli utili.

Se invece il sito della casa editrice si concentra sul comunicare, ad esempio, tutti i motivi per pubblicare con loro, e quanto sono bravi a vendere i libri, e quanto sono belli e di pregio i volumi, e quanto è bello fare l’autore con oro… il cliente è l’autore/autrice. E il cliente paga: paga la stampa / la realizzazione libro / i servizi editoriali connessi all’uscita / le prime 100 copie a prezzo di copertina o scontato…

Ne consegue anche che, avendo già il cliente sotto contratto, l’editore non ha bisogno di lettori e lettrici. Il pubblico, la comunicazione, la promozione, sono un di più, quando non una perdita.

Tutto qui.

Esistono poi altri aspetti, che possiamo evidenziare nei siti degli editori a pagamento, utili a capire qualcosa di più delle loro proposte, e anche, in generale, utili a capire meglio come funziona il mercato del libro italiano e il mondo che gira dietro le quinte.

Se la cosa ti interessa, faccelo sapere nei commenti: potremmo approfondire con un nuovo post!


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