Studio83 al Salone di Torino 2019 – #SalTo19: ecco com’è andata!
Sabato 11 maggio sono stata al Salone del Libro di Torino. Quest’anno ci sono andata in veste di autrice, dopo diversi anni come editor e (l’anno scorso) come relatrice di due panel letterari.
È stata un’esperienza diversa: dopo tanti anni di lavoro a fianco di autori e autrici, non c’è stato nulla di sorprendente; ma è stato gradevole relazionarmi con i miei editori e con lettori e lettrici di passaggio in una veste nella quale mi sono potuta rilassare un po’!
La soddisfazione di andare avanti per la mia strada è comunque tanta. Ed è bello fare sempre nuovi incontri che aprono prospettive e idee per il futuro.
Inizio questo report con gli incontri fatti, poi un accenno, come sempre, alla logistica e all’accessibilità del Salone.
Megafiera: perché andarci?
Per chi lavora, una fiera non è un’occasione ricreativa, ma un concentrato di occasioni di incontro. Alcuni sono pianificati e finalizzati a concludere qualcosa, altri sono occasionali, casuali, privi di uno scopo immediato, ma non per questo meno importanti, anzi!
Farsi vedere è importante in qualsiasi settore: per presentarsi, per scambiarsi contatti e impressioni, per lasciare di sé un’immagine o una traccia positiva al di là di tutto.
Noi lo facciamo da quando è nato Studio83: abbiamo aperto nel marzo 2007 e a maggio eravamo già al nostro primo Salone con brochure, sorriso e un progetto da presentare.
Ogni anno di presenza e di sorriso e di proposte e di incontri è stato importante, per noi. Per lavorare, e soprattutto per lavorare bene con persone che ci stimano e che stimiamo.
È una grande soddisfazione sentirsi dire da un editore, come è successo a me ieri pomeriggio: “Conosco il vostro lavoro, quindi se mi proponi questo romanzo io mi fido, e lo leggerò con attenzione!” Ma non si ottiene in un giorno, né lavorando nel tempo libero o decorandosi di qualifiche evanescenti.
Testa bassa, pazienza, competenza, lavoro sui testi, formazione e la consapevolezza che nulla è dato e che bisogna migliorarsi e imparare sempre, e coltivare le relazioni professionali con civiltà, apertura, serietà e chiarezza.
Quindi ci permettiamo un piccolo consiglio: sia che tu scriva, sia che tu voglia lavorare nel settore editoriale a qualsiasi titolo, non mancare questi eventi. Cogli l’occasione per presentarti (in modo cortese e senza “accolli”) alle realtà che ti interessano. Se hai proposte da fare avanzale in modo professionale. E se hai follower, o compagn* blogger, o lettori e lettrici, o autori e autrici che già segui… vai e stringi loro la mano.
Detto questo, ecco le mie occasioni di incontro: dei momenti in cui consolidare dal vivo un lavoro e una frequentazione già esistenti in diverse forme.
#SalTo19: tanti incontri. Grazie!
È stato un piacere conoscere dal vivo Roberto Orsi, amministratore di Thriller Storici e Dintorni: un blog dedicato a questo genere e un gruppo Facebook attivissimo, che consiglio a chiunque ami il romanzo storico. Ci sono recensioni, spunti di lettura e anche approfondimenti, anteprime e tante proposte divertenti (come i blogtour) che fanno la gioia di qualsiasi lettore e lettrice.
Insieme a Roberto un gruppo di lettrici e blogger molto preparate, oltre che simpatiche e accoglienti, che saluto ancora!
Dopo l’incontro di gruppo, ho fatto un salto allo stand Odoya, dove stava in bella mostra il “Manuale di scrittura di fantascienza” scritto da me insieme a Franco Ricciardiello. Sta andando bene, mi ha detto l’editore, e quando l’editore dice bene l’autrice risponde benissimo!
Ho avuto occasione di firmarlo per una piccola lettrice che intende fare la giornalista ed è interessata ai metodi di scrittura: sua madre ha comprato anche il “Manuale di scrittura” di Melotti e Morozzi, dello stesso editore, per aiutare la sua scrittrice in erba. Bello incontrare genitori che sostengono figlie e figli nelle loro strade.
Sempre in veste di autrice sono passata allo stand Fanucci Editore, dove era previsto un firmacopie con autori e autrici.
Io c’ero con il mio romanzo storico “La cospirazione dell’inquisitore”, ed è stato bello conoscere colleghi e colleghe e scambiare qualche impressione con la direttrice editoriale e l’editore in persona.
Il romanzo sta andando bene, dicono, e io rispondo: benissimo! ^^
Sono contenta in particolare di aver conosciuto Corinne Savarese, compagna di collana Leggereditore e apprezzata autrice di romance Rizzoli.
Dopo questa bella riunione, un ultimo giro a salutare gli amici presenti.
Allo stand di Watson editore, combo di bravi autori e autrici a firmare le rispettive nuove uscite. Laura Scaramozzino presenta la sua distopia “Screaming Dora”, Alessandra Cristallini e Andrea Pomes hanno il fantascientifico “L’ultimo viaggio della Dnepro” e Matt Briar porta “Terre Rare”.
Sono felice di dire che abbiamo curato un racconto di Matt Briar, che uscirà presto per la nostra collana Futuro Presente.
E sono particolarmente orgogliosa dell’uscita del divertentissimo e appassionante “L’ultimo viaggio della Dnepro”, già finalista Premio Urania.
Perché in un pezzettino di quel viaggio ci siamo anche noi, Studio83: Elena Di Fazio ha valutato la prima stesura del testo, redigendo una scheda che è servita agli autori per procedere in modo più consapevole verso i meritati successi poi ottenuti. Auguri, Dnepro!
Ultimo giro: dagli amici di Hypnos e Zona42, in uno stand condiviso pieno di romanzi e storie eccezionali e curate.
Un grazie finale va agli amici e ai colleghi conosciuti per la prima volta, o rivisti, ritrovati: al traduttore Massimo Soumaré, allo scrittore Alberto Odone, allo scrittore Stefano Tevini, agli autori Federico Carmosino e Angelo Marenzana, al direttore mondadoriano Franco Forte, all’editore Sergio Fanucci e alla direttrice editoriale Franca Vitali, a tutto il team Odoya: Marco De Simoni, Paola Papetti, Cristina Øl e Valentina Misgur.
Grazie per questo pomeriggio di incontri!
SalTo19: spazi, organizzazione, logistica
L’impressione di un pomeriggio fugace vale quello che vale, ma mi pare di aver notato progressi su diversi fronti, e un timidissimo tentativo di migliorare su altri, che va potenziato per le prossime volte.
Sono arrivata alle 14:00 e non ho fatto fila: solo all’accredito pro, qualche necessario minuto di trascrizioni e poi, via, dentro. Una ventina di minuti: il mio record di attesa minima al Salone, quindi bene, benissimo.
La giornata era coperta, a tratti il sole usciva e scaldava (in romano: incocciava) ma di pensiline per alleggerire il disagio del caldo /la noia della pioggia non c’era manco l’ombra, quindi ancora male.
La questione relativa all’editoria fascista non era troppo visibile: molti stand esponevano il logo “editoria antifascista” o simili, ma non si avvertiva particolare tensione o nulla di diverso dalle altre edizioni.
Certo che se fai una levata di scudi contro il fascismo e il primo stand che incontri quando entri ha la parola “SHARJAH” in giganti lettere d’oro l’impatto non è confortante.
Va anche detto che gli Emirati Arabi Uniti sono, tra le monarchie confessionali islamiche orientali, quella con gli ordinamenti più liberali.
Io comunque resto molto confusa, poi volto lo sguardo e proprio accanto a loro ecco le Edizioni Albatros. Questo nome non vi ricorda nulla?
A me sì: diversi anni fa, era uno degli editori a pagamento più aggueriti, con tanto di spot televisivi e annunci sui giornali (dove pubblicizzavano il libro di Fabio Fazio, che però era un omonimo del conduttore); e di proposte editoriali che chiedevano migliaia di euro per la stampa.
Linda Rando, ai tempi alla testa del Writer’s Dream, mandò alla loro redazione un manoscritto di un centinaio di pagine che contenevano il copiaincolla ripetuto di una singola pagina di Wikipedia. Risposero con una proposta di pubblicazione, con parole complimentose che dimostravano come il testo non fosse stato manco aperto (aveva ancora i link sottolineati!).
Negli anni Albatros sarà cambiata? Non lo mettiamo in dubbio, siamo cambiati tutti. Cambiata in meglio? Ci giungono voci, dai nostri autori e autrici, non proprio rassicuranti.
Nulla di tutto questo, comunque, per quanto possiamo considerarlo discutibile, è paragonabile anche lontanamente all’apologia di fascismo. Quindi sono passata oltre senza troppe angosce.
L’impressione generale è stata migliore: tra gli stand si camminava, ci si poteva fermare e parlare con gli editori e gil standisti, guardare le copertine, soffermarsi… la marea di persone che tappava qualsiasi spazio, creando muri di gente faticosi dove era impossibile fare qualsiasi cosa, non c’era, nemmeno di sabato pomeriggio.
Probabilmente il merito è dell’Ovale, un nuovo padiglione molto bello, arioso e pieno di luce, che aumentava la metratura e quindi lo spazio disponibile. La strada in più fatta per raggiungerlo è stata compensata da una disposizione ragionata degli stand: nell’Ovale i piccoli editori (come Hypnos e Zona42) erano insieme ai big, Mondadori, Feltrinelli e altri, in modo che grazie al traino dei grandi nomi la distanza non fosse penalizzante.
Piccolo problema: non funzionava la connessione internet. Io ho due schede con due operatori diversi, e anche altr* mi hanno confermato gli stessi fenomeni di black out prolungati. Ci siamo arrangiati con telefonate e sms ma è stato difficile anche postare, quindi l’auspicio è quello di mettere un wi-fi a disposizione di chiunque abbia un biglietto per la Fiera, per facilitare il lavoro di tutti e per stare al passo coi tempi.
Passo da ultimo agli aspetti più terra terra, e però assolutamente necessari, secondo me, perché una fiera possa dirsi venuta bene.
I bagni sono stati aumentati. Nell’Ovale ce n’erano di nuovi, e fuori dai padiglioni sono state messe strutture mobili. Ma non basta ancora: ovunque file di almeno una decina di persone, e in generale i bagni nuovi non erano segnalati (quelli nell’Ovale erano vuoti, proprio perché nessuno sapeva della loro esistenza e faceva la fila altrove).
Se quindi lo sforzo organizzativo è visibile con l’aumento dei servizi igienici, bisogna che sia seguito da segnalazioni e facilitazioni per le persone, perché l’esperienza in fiera non diventi qualcosa di fisicamente punitivo. Ricordiamo che i bambini hanno bisogno di cambi e pause pipì, che le donne hanno le mestruazioni, che le persone anziane devono sentirsi tranquille e che gli esseri umani sono dotati di apparato escretore.
I bagni ci devono essere, devono essere puliti, devono essere inclusivi e per ogni tipo di disabilità e dotati di stazioni per il cambio pannolino, e devono essere segnalati.
Negli anni scorsi molte recensioni e i report di tant* blog come il nostro segnalavano anche la fatica nel non trovare posti per sedersi.
Questo aspetto, ahimè, non è ancora curato a sufficienza.
Scherzosamente, avevamo detto: “e mettetele, du’ panchine!”
Ecco, ci hanno preso alla lettera: hanno messo du’ panchine. Proprio due, due a padiglione, di quelle a due posti, di legno, che si mettono fuori al Leroy Merlin, avete presente? DUE. Per ogni padiglione.
Le sedute erano pochissime e lontane da raggiungere, e come ogni anno ho dovuto assistere allo spettacolo scandaloso di gente seduta per terra contro le pareti degli stand, di persone con le stampelle e la smorfia di dolore stampata in viso, di donne sedute a terra dove capitava, con i bebè tra le braccia.
Questo non è accettabile.
Nel 2019, in Italia, alla più importante e bella manifestazione nazionale dedicata alla cultura, non è accettabile che i corpi vengano tanto negletti.
C’è bisogno di posti a sedere. Tanti posti a sedere, migliaia, ovunque! Mettete chilometri di panche contro qualsiasi parete, stand, corridoio, angolo! Fingiamo di essere scandinavi e organizziamo angoli con fasciatoi, posti tranquilli dove poter allattare (NON nei cessi), begli spazi per riposarsi e magari poter sfogliare i libri appena comprati!
Altrimenti sì, la cultura e i libri e i luminari e le conferenze: ma una giornata al Salone diventa una prova fisica massacrante, da far passare qualsiasi voglia e buona volontà.
Chiedo scusa per questa conclusione estemporanea, e ribadisco la bellezza di una proposta culturale eccezionale, sempre più corposa, sempre più profonda e ragionata, che di certo fa onore all’organizzazione.
Secondo me, però, il fascismo di quelli che danno pane ai poveri per ottenere consenso si combatte anche su un piano più basico: semplicemente, trattando bene la gente. Evitando di trasformare un’esperienza culturale, che di per sé è altissima e meravigliosa, in qualcosa di punitivo per il corpo ed escludente per tante, troppe categorie di persone.
Pensiline! Bagni! Panchine! Ce la potete fare, ne siamo sicure!
Ci vediamo il prossimo anno!